I bianconeri nel match di Champions di mercoledi hanno il dovere morale di andare oltre se stessi
Non c'è bisogno di un master in psicologia per capire quanti risvolti delicati si porti appresso la sfida tra Juventus e Barcellona. Ovviamente per la Juventus, non per il Barcellona. I catalani, in fondo, possono 'staccare' la qualificazione agli ottavi di Champions League con un pareggino, forti di una classifica che li mette al riparo da cataclismi, anche se – immaginiamo – come da canovaccio scenderanno in campo per vincere. I campioni d'Italia invece no, in nome e per conto di quanto è accaduto domenica a Marassi, della situazione non proprio agevole in chiave europea, di alcune sensazioni malmostose emerse qua e là, hanno il dovere morale di andare oltre se stessi. Di darsi una ripulita. Di fare e non più di dire, di promettere, di millantare.
Sia chiaro: pure in caso di risultato negativo, il Barça non rappresenterà il fine corsa in Champions, però è fuori discussione che per uscire dall'impasse servirebbe un trionfo grande e grosso e grasso e nemmeno troppo casuale. Nelle stanze fresche di vernice della Continassa, nessuno a luglio si sarebbe immaginato di trovarsi in queste condizioni a metà novembre, per un mix di presunzioni e di (legittime) convinzioni. Nulla è compromesso, ci mancherebbe, ma la sensazione di precarietà della Juventus è ormai così radicata da non essere più una semplice sensazione.
La presidenza dell'Eca di Andrea Agnelli è l'unico risultato portato a casa fino adesso dalla società in attesa di riallineare il rendimento della squadra e di riprendere a galleggiare serenamente. Per la legge dei grandi numeri, prima o poi la traiettoria di successi nazionale dovrà interrompersi; allo stesso modo, sempre scomodando i grandi numeri, la filiera delle delusioni internazionali un giorno o l'altro dovrà spezzarsi. Ecco perché il Barcellona è una sorta di spartiacque stagionale, malgrado certe storture tattiche, certe disattenzioni soggettive e certe assenze strutturali non si correggano con una partita, ancorché importante.
Massimiliano Allegri, stranamente accondiscendente dopo la Sampdoria, almeno per quanto ha dato a vedere in pubblico, ha due impellenze: per prima cosa cambiare sistema di gioco e interpreti, poi stabilizzare la formazione al netto del turnover. E pazienza se qualcuno di illustre dovrà accomodarsi in panchina: la ragion di stato viene prima degli interessi individuali. A dar retta alle voci di corridoio, di questo ha parlato con i vertici del club nelle ore successive al ko di Genova, ricevendo un appoggio totale.
Insomma, punto e a capo. Gli atteggiamenti di alcuni giocatori non sono piaciuti, il 'signori si scende' vale per i clienti della business e della terza fumatori. O ci si adegua o si scende dal treno, sperando che non sia troppo tardi.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata