La richiesta nel rapporto 'Stop ai sussidi ambientalmente dannosi'

Fermare i sussidi che fanno male all’ambiente, quelli ambientalmente dannosi (i Sad). Sono stati oltre 34 miliardi nel 2020, ed è per questo che Legambiente lancia un appello affinché vengano cancellati entro il 2030. La richiesta si fa però più stringente: da un lato la pre-Cop26 che si è aperta all’insegna dell’incontro tra il premier Mario Draghi e la paladina ambientalista svedese Greta Thunberg; dall’altro il ministero della Transizione ecologica che blocca le autorizzazioni di nuove trivelle fino a che non sarà approvato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, il Pitesai. Senza contare le linee guida alla base del Pnrr, e da ultimo la Nadef che ha posto le basi per una maggiore stabilità della transizione energetica – con l’obiettivo della decarbonizzazione del modello economico – grazie all’idea di una pianificazione a cinque anni per aiutare gli investimenti in chiave green.

Legambiente spinge su un punto, nel nuovo rapporto ‘Stop ai sussidi ambientalmente dannosi’: degli oltre 34 miliardi “ben 18,3 sono eliminabili entro il 2025 cancellando per esempio quelli previsti per le trivellazioni, e i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio; ma anche le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano. Senza dimenticare il capacity market per le centrali a gas e l’accesso al superbonus per le caldaie a gas”.

Non è più accettabile – osserva Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – continuare a rimandare un problema che rappresenta una criticità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. È importante che l’Italia definisca al più presto una road map che preveda interventi entro il 2025, anche in vista della chiusura delle centrali a carbone che non può essere affrontata solo con una semplice riconversione a gas condannando questo Paese alle importazioni di gas fossile per altri 20-30 anni”.

Il conto degli ultimi 10 anni parla di 136,4 miliardi andati verso i Sad, diretti e indiretti. Questa è infatti una sfida in cui conta anche il tempo: ed allora bisognerebbe iniziare inserendo già nella prossima legge di Bilancio la “cancellazione” totale dei Sad “entro il 2030”, mettendo a punto “una road map” per “l’uscita dalle fossili” con step al 2025. Si tratta di “risorse che potrebbero essere rimesse in circolazione nel giro di pochi anni a favore della transizione energetica: rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro anche per evitare il caro bollette”. Tra le proposte messe in campo, Legambiente chiede anche che “l’Italia faccia la sua parte in tema di aiuto ai Paesi poveri colmando entro la fine del 2021 il miliardo di euro mancante, per adempiere agli impegni di Parigi” (per il nostro Paese l’impegno è di 4 miliardi di dollari per il periodo 2015-2020).

Intanto Cingolani annuncia la trasmissione del Pitesai alla Conferenza Unificata; non solo, però. Perché viene anche deciso che, in attesa dell’approvazione definitiva del Piano, il ministero “non autorizzerà alcuna nuova attività estrattiva e di ricerca”.

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