Una donna su tre è straniera, il 60% delle strutture ospedaliere lo pratica, 7 su 10 i medici obiettori
Il 22 maggio 1978 è stata approvata la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). A 40 anni di distanza, secondo l'ultimo rapporto del ministero della Salute sulla sua attuazione, nel 2016 le Ivg sono state 84.926, 3,1% in meno rispetto al 2015. Per il terzo anno consecutivo i casi sono stati meno di 100mila: un dato più che dimezzato rispetto ai 234.801 del 1982. Considerando solamente quelle effettuate da cittadine italiane, per la prima volta il valore scende al di sotto di 60mila, con una riduzione dal 1982 del 74.7%, uno tra i più bassi a livello internazionale.
L’interruzione volontaria è praticata specialmente da donne tra i 25 e i 34 anni, ma il numero è in calo in quasi tutte le fasce d’età. In leggera crescita nelle donne sopra i 35 anni, mentre è uguale al 2015, ma comunque in calo rispetto agli anni precedenti, quello tra le minorenni. Scende anche il numero delle straniere che ricorre all’Ivg: sono il 30% del dato nazionale. Tra le italiane che hanno scelto di abortire il 43.9% non aveva figli, il 57.8% era nubile e il 47.4% aveva un lavoro.
Un fenomeno costante è la recidiva degli aborti. Anche nel 2016, il 26.4% delle donne aveva già avuto una esperienza abortiva, un valore molto simile a quello rilevato negli ultimi 10 anni. Per le italiane il dato si ferma al 22.1% mentre sal al 37% per le straniere. Il 91.4% delle Ivg viene effettuata nella regione di residenza, di cui l’86.5% nella provincia. Su 614 strutture con reparto di ostetricia e ginecologia presenti in Italia nel 2016, quelle che effettuano le Ivg sono 371, il 60.4% del totale. Solo nella provincia autonoma di Bolzano e in Campania le strutture adeguato sono meno del 30%.
Sette medici su 10 sono obiettori di coscienza ma si raggiungono picchi tra l’80 e il 90% in Abruzzo (85.2%), Basilicata (88.1%), Molise (96.9%), Puglia (86.1%), Campania (81.8%), Sicilia (84.6%) e nella provincia autonoma di Bolzano (84.4%).
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