Processo Open Arms, ong: "Invece dei tribunali vorremmo dialogo con istituzioni"

“Al 17 dicembre ci arriveremo con lo stesso spirito con cui siamo arrivati oggi, convinti cioè della missione che abbiamo condotto nel 2019. Abbiamo sempre creduto nelle istituzioni e nella magistratura e ci arriviamo convinti di essere parte civile fino in fondo. Nei nostri ricordi c’è sempre quello che è accaduto in mare e ci sono le persone che abbiamo tratto in salvo non solo in quell’occasione, ma anche in questi dieci anni, oltre 73mila persone”. Così Valentina Brinis, advocacy officer di Open Arms, commentando il rinvio al 17 dicembre dell’udienza in Cassazione chiesto dall’avvocata Giulia Bongiorno, che difende il ministro Matteo Salvini, per un’indisposizione fisica. “Chiediamo di essere interlocutori istituzionali e non dei nemici – aggiunge Brinis – tant’è che negli ultimi 3 anni abbiamo passato non solo noi, ma anche tutte le altre organizzazioni del soccorso in mare, moltissimo tempo nelle aule dei tribunali. Vorremmo che questo tempo venisse investito per dialogare con le istituzioni e raccontare loro in maniera pacata e senza scontri politici quello che accade nel Mediterraneo. Per qusto abbiamo lanciato una campagna, ‘Rotta comune’, con la quale raccontiamo le nostre proposte che formuliamo alle istituzioni”. Interpellata sulla situazione nel Mediterraneo, Brinis ha spiegato che è “sempre identica a se stessa. Se c’è bel tempo le persone partono, indipendentemente da tutte le politiche che si mettono in atto. Purtroppo, partendo in maniera irregolare e con barche sovraccariche, è più facile che incontrino imprevisti e anche incidenti, che in molti casi portano alla morte di persone. Quest’anno sono morte oltre 1500 persone”.