Le parole dell'attentatore: "Oggi sono un servo di Dio, pronto a incontrare Francesco"

Era il 13 maggio 1981 quando due proiettili in una piazza San Pietro, in Vaticano, gremita di fedeli, colpirono e ferirono gravemente Papa Giovanni Paolo II. A impugnare la pistola Browning HP 9mm Parabellum fu Alì Acga. A quarantadue anni da quell’evento che cambiò il mondo proprio l’attentatore del Papa racconta a LaPresse le sue sensazioni dei giorni precedenti: “avevo una intuizione, una sensazione vaga di essere trascinato in una missione storica. Ma non potevo mai immaginare che questo fosse collegato al grande mistero di Fatima”.

Incontro Ali Agca con Giovanni Paolo II

Incontro Ali Agca con Giovanni Paolo II

Agca dopo l’attentato fu arrestato, condannato all’ergastolo e portato nel carcere di Rebibbia. Dopo 2 anni, il 27 dicembre 1983 Giovanni Paolo II volle andare a parlare con il suo attentatore e proprio lui a LaPresse definisce quella visita “un atto meraviglioso” perché il “Papa fu l’unico non familiare a venire a trovarmi in 30 anni di prigionia”. Per Alì quello fu “il più importante incontro della storia mondiale, fu deciso da Dio e io e il Papa siamo stati due strumenti di Dio”.

Il 13 giugno 2000, dopo la grazia concessa dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, Agca fu estradato in Turchia. “In quegli anni definivo il Vaticano ‘Giuda traditore’ ma sbagliavo assolutamente” mentre “oggi mi definisco ‘un servo di Dio’ perché mi ha liberato dalla falsa identità che credevo di possedere”. Ma ora si dice “pronto ad andare in Vaticano da Papa Francesco se dovesse invitarmi”.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata