Nel giorno di Santo Stefano Il Pontefice dedica l'Angelus ai cristiani perseguitati
Sono tanti, "anche se non fanno notizia". Nel giorno della Festa di Santo Stefano, primo martire cristiano, il pensiero di Papa Francesco non poteva non andare ai cristiani che, duemila anni dopo, vengono ancora trucidati in odio alla fede.
Trecento milioni, uno su sette: tanti sono, secondo la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, i moderni martiri. Il rapporto di Acs denuncia un aumento delle violazioni della libertà di culto dal giugno 2016 al giugno 2018: in 38 Paesi le violazioni possono essere considerate "gravi o estreme", ma in 21 si può invece parlare di vera e propria persecuzione. Il fondo si tocca in Corea del Nord, Arabia Saudita, Nigeria, Afghanistan ed Eritrea, dove la situazione è così grave da non poter neanche peggiorare.
Il Pontefice dedica l'Angelus del 26 dicembre al primo di questi cristiani, lapidato a morte nel 36 dopo Cristo. "Santo Stefano fu il primo a seguire le orme del divino Maestro con il martirio; morì come Gesù affidando la propria vita a Dio e perdonando i suoi persecutori", ricorda.
L'atteggiamento di Stefano che imita fedelmente il gesto di Gesù, spiega il Papa, è un "invito rivolto a ciascuno di noi ad accogliere con fede dalle mani del Signore ciò che la vita ci riserva di positivo e anche di negativo". Perché non di sole gioie è fatta la nostra esistenza, ma anche di "momenti di difficoltà e di smarrimento", che devono essere superati e accolti come occasione di crescita con "la fiducia in Dio".
'Perdono' è la parola da tenere a mente quando si parla di Stefano protomartire, che invece di maledire i suoi esecutori prega per loro. Da lui, insiste Bergoglio, siamo chiamati a imparare a perdonare, sempre: "il perdono allarga il cuore, genera condivisione, dona serenità e pace". Questa è la strada da percorrere nelle relazioni interpersonali in famiglia, nei luoghi di scuola e di lavoro: "La logica del perdono e della misericordia è sempre vincente e apre orizzonti di speranza".
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