L'ex parlamentare: "Non mi candido per la guida collegiale"

 Una diretta “attesa” che tuttavia non regala annunci alla Rete. Alessandro Di Battista parla ai suoi fan e più volte assicura “io non sto capitanando correnti o scissioni o fondando partiti. Mi sto dedicando da fuori a portare avanti determinate battaglie che erano del Movimento Cinque Stelle”. La stoccata comunque arriva, quando l’ex deputato scandisce “non sono io a non pensarla più come il Movimento 5Stelle, ma è il Movimento a non pensarla come me” per questo “non mi candido per la guida collegiale, per il direttivo”. Fuori dal Movimento per scelta, insomma, e pronto tuttavia a farsi carico – qualora venga richiesto – di una realtà che prenda vita dalle origini del Movimento stesso. Nessuna regia, però, venga affibbiata al Dibba. Il pasionario, in rotta con i vertici pentastellati, ce ne ha per tutti. Contesta con la solita ‘pacatezza’ il governo di Mario Draghi, etichettandolo come “un’accozzaglia indecorosa e un assembramento parlamentare pericoloso” con il premier che viene definito come il “tredicesimo apostolo. E questo non mi sta bene”.

 

E poi i colpi sferrati ai nemici di sempre: “Non ho le prove, ma sono sicuro che Gianni Letta sia l’artefice dell’operazione Draghi. Renzi l’aveva organizzata con degli agganci: con Salvini, Gianni Letta, tutti i giornaloni che negli ultimi due mesi avevano infangato questo governo”. Il reporter e scrittore, che lasciò il parlamento per soddisfare il suo spirito libero, ricorda come non sia entrato nel Conte due pur dando la sua disponibilità, perché “il Pd aveva posto un veto, e la situazione si sarebbe sbloccata solo con l’ingresso della Boschi al Governo. Io scelsi di far fuori tutti e due, me e lei”. Anche per il terzo mandato dell’avvocato pugliese Di Battista non si era tirato indietro, “mi avevano chiesto una mano”, confessa, “ma quando è rientrato Renzi ho detto no”. Insomma una serie di spiegazioni, seguendo il filo delle domande che lui stesso ha scremato, per arrivare alla fine al nodo che sta infiammando il Movimento fondato da Gian Roberto Casaleggio. Dibba ripete, come un ritornello, che non è sua la mano che sta guidando i dissidenti, tuttavia non può non rispondere a chi si rivolge a lui per un consiglio. “A chi me lo ha chiesto ho detto: se ritenete di stare nel giusto fate ricorso per rientrare nel movimento, questa però è una loro decisione. Io lo avrei fatto”, spiega. E poi, però, detta la linea dicendosi non d’accordo con le espulsioni: “Credo, come ha detto Morra, che sia una scelta giusta far votare gli iscritti sulle espulsioni, ponendo il quesito in maniera chiara” e “sono convinto che la grande maggioranza voterebbe contro”.

 

Fiato forse sprecato visto che i probiviri hanno deciso di applicare quanto automaticamente previsto dallo Statuto in caso di espulsione dal gruppo parlamentare procedendo “già da oggi con l’apertura dei procedimenti nei confronti dei parlamentari a cui è stata comunicata l’espulsione, da parte dei capigruppo di Camera e Senato, in seguito al voto di fiducia sul governo degli scorsi giorni”. Contestualmente inizierà anche “una fase di attenta verifica su tutti i portavoce non in regola con le rendicontazioni, procedendo fin da oggi con le prime aperture di procedimento per i più ritardatari”. Insomma fuori dal Movimento, ma non prima di aver saldato il conto.

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