Pietrangeli contro Panatta, Nicola contro Adriano: un odio amore che durerà per sempre. La coppia d’oro del tennis italiano rappresenta una tra le più grandi rivalità dello sport nostrano, fatta di vittorie, liti e abbracci. E ancora liti. L’ultima, in rigoroso ordine di tempo, è di queste ore. E’ il portale Supertennis a ospitare l’intemerata di Pietrangeli nei confronti del suo allievo prediletto, ‘reo’ di aver omesso in un’intervista le vittorie del suo ex capitano di Davis al Roland Garros di Parigi.
“Carissimo Adriano…”
“Carissimo Adriano, ma che ti succede?”. Inizia così l’articolo dal tono polemico di Nicola Pietrangeli, pubblicato su Supertennis, nel quale l’ex tennista si rivolge ad Adriano Panatta che in una intervista ha dichiarato di essere l’unico italiano ad aver vinto Parigi. “E’ vero che non sto bene ma se mi levi pure i Roland Garros (sono due, i singolari. E poi ci sarebbero il doppio con Sirola e quello misto) allora vuoi stravincere”, sottolinea Pietrangeli, in convalescenza dopo un intervento chirurgico all’anca destra, subito nel dicembre 2024 a causa di una frattura periprotesica. “Leggo questa tua intervista pubblicata oggi, sul Venerdì di Repubblica, dove affermi che la gente ti ‘rompe le palle con ‘sta storia che sono rimasto l’unico ad aver conquistato il torneo di Parigi’. Annamo bene… per carità, è vero che non sto bene e che sto più di là che di qua, però mi atterri così… e non è bello. Proprio da te poi, che dicesti tempo fa: ‘lasciate in pace Pietrangeli, che ha novant’anni’. Oh, non mi ribattere: “è la gente che lo dice…”, oppure che la giornalista ha capito o scritto male. Certo, in quest’ultimo caso, pazienza e lo sappiamo che i giornalisti eccetera eccetera…). Ma, nel primo caso, avresti dovuto correggere. E se mi levi pure i Roland Garros allora vuoi stravincere”, aggiunge l’ex tennista novantenne. “Capisco pure che non avevi voglia, che ti stavi annoiando (come scritto più volte nel corso dell’articolo), però dai: non me lo dovevi fare. PS: ho un suggerimento. Visto che ti annoi, ti mando il mio libro, e tu mandami il tuo. Che ne dici? Come la classica mela, un libro al giorno toglie il medico da torno. Adriano: qui a Roma piove. Quindi rimandiamo va…”, conclude l’articolo con un velo di sarcasmo.
Immediata la risposta social di Panatta. “Leggo che Pietrangeli si è risentito perché in una intervista avrei detto che sono stato l’unico ad aver vinto il Roland Garros. Nicola guarda che ho detto o intendevo dire l’ultimo, non mi sono mica rincoglionito. Però ammazza quanto sei permaloso… Ti voglio bene“
Il blitz alla Domenica Sportiva nel 1978
Tutto ebbe inizio nel 1978, durante una ormai celebre puntata della Domenica Sportiva, in onda sulla Rai. Nel corso di un’intervista al giovane tennista romano, che stava parlando del ruolo di capitano all’interno della squadra di Davis, Nicola Pientrangeli fece irruzione nello studio, tra la sorpresa dei presenti e lo sbigottimento dello stesso Panatta. Le immagini lo testimoniano.
“Adriano era un fratellino, poi mi ha tradito”
Nel 2023, in un’intervista al Corriere della Sera, Pietrangeli torna sul rapporto con Panatta. “Per me, figlio unico, Adriano era il fratello più piccolo che non avevo mai avuto. Per questo nel 1978 ho sofferto così tanto per il suo tradimento. Nel 1975 in Davis erano usciti al primo turno. Con me capitano vinsero nel 1976, prima e unica volta nella storia, e arrivarono in finale nel 1977. Poi ci fu il processo staliniano. Mi convocano al Jolly Hotel di Firenze. Un plotone d’esecuzione: il presidente federale Galgani, Belardinelli, Panatta, Bertolucci, Barazzutti, Zugarelli. Tutti zitti. “Allora, che c’è?”. Comincia Bertolucci: “Nicola, noi non proviamo più per te quello che provavamo prima”. La mia risposta? Mi alzo e dico andate tutti affanculo, e me ne vado“.
Pietrangeli non era soddisfatto neanche della docu-serie gioiello trasmessa dalla Rai “Una Squadra“, sulle imprese della Davis di quegli anni. “Tecnicamente bellissima. Ma piena di bugie. Adriano in particolare poteva essere più sincero. Nessuno ha riconosciuto che la squadra l’ho costruita io. Panatta e Bertolucci da una parte, Barazzutti e Zugarelli dall’altra: mangiavano, si allenavano, correvano per proprio conto. Panatta diceva di Barazzutti cose tremende, lo chiamava la scimmia. La Davis l’hanno vinta loro; ma non mi riconoscono che sono potuti andare in Cile solo grazie a me”.
In un’altra occasione, durante la trasmissione “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” su Rai 3, Pietrangeli aveva rincarato la dose: “Adriano l’ho visto nascere, mi ricordo benissimo quel luglio del 1950. Tra di noi ci divertiamo, anche se molta gente pensa che lo facciamo apposta. Ultimamente ci vediamo poco visto che lui vive a Treviso, ma abbiamo un certo feeling e ci capiamo. Non ho mai detto che ero più forte di lui. Dico solo che bisogna vedere la carriera di uno sportivo dai risultati, non dalla simpatia. Mi hanno detto ‘sai quanti tornei ha vinto Panatta?’ Io non lo sapevo, ma mi pare che fossero 14 o 16. Io invece ne ho vinti 48, c’è una piccola differenza”.
“Nicola ha un ego spropositato”
In campo come nella vita, ad Adriano Panatta non manca la risposta. Sempre sulle pagine del Corriere della Sera, l’ex campione aveva risposto al Grande Vecchio del tennis italiano. “È che quando diventi molto anziano, perdi la memoria. La verità è stata raccontata nella docu-serie “Una Squadra” di Procacci, che Nicola svilisce. Ma lui svilisce tutto e tutti, è una vita che lo fa. La Davis in Cile? Io capisco che possa confondere, in quel contesto storico, un gesto politico per una sceneggiata: lo conosco. La maglia rossa non la capì nessuno, incluso Pietrangeli. Mimmo Calopresti ne fece un bel film. Capisco che possa inciampare nell’obbrobrio di mettere sullo stesso piano Allende e Pinochet: lo conosco”. E ancora: “Dice che ho le gambette come Berrettini, vabbé. Avendo avuto 1400 donne sarà stanco però ha ancora la voglia di far sapere a tutti che è stato il più forte e il più bello. È arrivato il momento di dire a Nicola, con simpatia e senza giri di parole, che ha rotto i coglioni. Nicola ha un ego spropositato. È uno che ha detto a Rivera: sei fortunato che io non abbia giocato a pallone… Però non riesco a volergli male. Spero di eguagliare il suo record di longevità, però basta. Le grandi imprese dello sport non danno l’immortalità. Tutto finisce e passa. Ed è giusto che sia così”.

