di Andrea Capello

Roma, 22 lug. (LaPresse) – “Assoluta trasparenza, spirito di squadra e lasciare opere per il futuro. La nostra missione è questa”. Parole chiare e dirette quelle del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che insieme al numero uno del comitato promotore della candidatura di Roma ai Giochi del 2024, Luca Cordero di Montezemolo, si è recato in Senato per un’audizione davanti alla Commissione Cultura. I due hanno usato parole chiare per spiegare i loro piani. Malagò ha messo in luce come “è stato dimostrato che dopo i Giochi Olimpici le città e i paesi ospitanti hanno avuto una capacità maggiore di attirare capitali stranieri”. Montezemolo, dal canto suo, ha anche ‘bacchettato’ la Capitale. Definendola “una città bloccata”.ù

Proprio per questo le Olimpiadi sono a suo modo di vedere un atout fondamentale: “Parliamoci chiaro: se un paese come il nostro dovesse dire di no ad un’opportunità come questa richiesta da nazioni come Usa, Germania e Francia è meglio che chiuda baracca e burattini – le sue parole – Se una città come Roma, ferma da tanti anni, non sfrutta questa occasione perché si deve usare l’equazione grande evento uguale grande corruzione allora meglio andare tutti a casa”. La riunione in Senato è stata anche l’occasione per svelare alcune novità relative a cosa bolle nella pentola che è stata metaforicamente accesa al Foro Italico lo scorso dicembre dal premier Renzi quando annunciò la candidatura. A scendere nei particolari è proprio Montezemolo spiegando che quelli eventuali di Roma 2024 dovranno essere i Giochi “della bellezza, della cultura, della sostenibilità e dell’innovazione”. Grazie a Roma 1960 infatti non si avrà la necessità di opere mastodontiche: “Servono un palazzetto dello sport, un centro stampa, un velodromo che sarà rimovibile come a Londra 2012 e poi un bacino per la canoa ed il canottaggio visto che l’unico di cui disponiamo è all’idroscalo di Milano e non lo possiamo fare lì. Per il resto abbiamo l’Olimpico dove si faranno l’atletica ed il nuoto e lo stadio Flaminio che, una volta sistemato, diventerebbe l’impianto per l’hockey su prato”.

Per il quinto ed ultimo nodo da sciogliere, quello del villaggio olimpico, si punta forte su Tor Vergata: “Oggi in quell’area non c’è la metro – argomenta Montezemolo – e sarebbe anche uno sviluppo importante per il futuro”. Nella stessa zona è sita la città dello sport di Calatrava, struttura iniziata e mai conclusa: “Un’opera che grida vendetta anche estetica e che potrebbe essere completata come un palazzo dello sport”. “Ma non faremo nulla salvo non averlo concordato prima con tutte le associazioni ambientaliste – precisa Malagò – a cominciare dal posizionamento del villaggio olimpico. È l’unico tema di vero aumento di cubatura ed occupazione del territorio”. Sul capitolo ‘delocalizzazione’ oltre alla vela ed alla disputa di alcune gare del torneo di calcio in giro per l’Italia spunta l’ipotesi di far disputare a San Siro pure la finale qualora lo stadio della Roma non fosse pronto. “Ma è solo un’ipotesi”, precisa il presidente del Coni. Quello che è certo è che, in caso di vittoria, non si disputerà all’Olimpico, casa dell’atletica e delle due cerimonie. Al momento oltre a Roma in corsa per ottenere i Giochi (la vincitrice sarà decisa a Lima nel settembre 2017, ndr) ci sono Amburgo, Boston, Budapest e Parigi. A queste potrebbe aggiungersi Baku. “Ad oggi siamo al 20% di possibilità di vittoria – è la conclusione ‘low profile’ di Malagò – quelli che già fanno un borsino sbagliano. Sono discorsi da bar, è del tutto prematuro”.

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