Il leader della band milanese Alioscia: "Siamo in continua evoluzione"

Torna una delle storiche band della scena alternativa italiana per raccontare i tempi tumultuosi e spaventosi in cui viviamo. Esce oggi per Asian Fake ‘Fumo’, il nuovo album dei Casino Royale coprodotto da Clap! Clap!. Il gruppo/collettivo milanese che ruota intorno al fondatore, cantante e anima del progetto, Alioscia, che insieme a Patrick Benifei rinnova un lungo percorso, partito nel 1987 con il suono giamaicano del rocksteady e del reggae ed evolutosi attraverso la contaminazione con l’elettronica e il sound di Bristol targato Massive Attack in dischi come ”Sempre più vicini’ e ‘Crx’ . La lezione è quella dei maestri Clash di ‘Sandinista’, che per primi unirono la cultura bianca del rock con quella nera del dub nell’Inghilterra di fine anni ’70. Il disco è stato scritto e suona come una suite, oscura e ipnotica, con la voce femminile di Marta Del Grandi, che nella splendida overture di ‘Sono già Scorpione’ regala aperture melodiche al tappeto crepuscolare dei Casino. ‘Fumo Pt.1’ rievoca l’era della jungle mentre Alioscia avverte: “Il vero nemico ti sorride”.

Il leader: “E’ un disco Uk, figlio della cultura del soundsystem”

E’ proprio il 56enne leader della band a raccontarci il nuovo lavoro, in una chiacchierata all’Edicola di Lambrate, un chiosco di giornali, diventato grazie al cantante dei Casino un luogo di cultura nello storico quartiere popolare di Milano, ora in via di gentrificazione e amato da studenti e creativi. “Musicalmente per me è un disco Uk, molto inglese, figlio della cultura del sound-system. Tendiamo a fare lavori che tendono al cupo e al crepuscolare ormai da ‘Sempre più vicini’ (1995). C’è sempre questa mezza penombra, quest’ansia del cambiamento, del futuro che ci preoccupa, di questo stato di eclissi tra le tenebre e la luce, un po’ caravaggesco – spiega lui -. E’ un disco pre-apocalittico ma non mi auspico l’Apocalisse. Parla di questi tempi quindi difficilmente poteva essere un disco solare”. Sulle liriche il leader dei Casino poi afferma: “E’ un disco fatto di poche parole, dei claim che ti portano a fare delle riflessioni tra te e te ma è un disco che comunque ha anche speranza, come al solito, e che anche grazie allo scambio con le nuove generazioni è uno stimolo per provare a riprendere in mano le carte della nostra sorte”. Il riferimento è ai featuring di voci femminili, come la già citata Marta Del Grandi e la giovanissima rapper di origine albanese, Alda, ospite di ‘Odio e Oro’, nonchè al cameo nella conclusiva ‘Mi Tocca a Me’ di Anina B, la figlia di Alioscia.

“Siamo un gruppo in continua evoluzione”

Con il cantante si riflette sulle carriere dei gruppi che negli anni ’90 partirono dall’underground per affacciarsi al mainstream, come Afterhours e Marlene Kuntz e delle differenze con i Casino. “C’è una differenza tra noi e questi gruppi. Loro fanno sempre loro stessi, noi cambiamo ad ogni disco e rimaniamo fedeli a questa urgenza di cambiamento per essere nel ‘qui e ora’. Abbiamo dei sentori di quello che è stato ma noi siamo un gruppo in evoluzione. Io sono legato al mio passato ma non ho nessuna nostalgia”, chiarisce Alioscia. L’uomo catalizzatore dei Casino è da sempre un personaggio che ha vissuto ed è stato protagonista della sua città, animatori di progetti come il centro sociale di Via Garigliano all’Isola, il collettivo di eventi musicali Elita, un bar che porta lo stesso nome sui Navigli e ora l’edicola. “Io non ho mai vissuto nella bolla dell’artista, anche perché se vuoi scrivere di vita vissuta con una certa onestà intellettuale devi stare vicino alle cose di cui vuoi parlare. Quando cominci a credere al tuo personaggio finisci per parlare solo di te per autoincensarti, e non frega niente a nessuno. Io poi non sono un musicista, sono un creativo, un art director, ho buon gusto e so relazionarmi con i musicisti”, dice Alioscia, parlando del suo approccio alla vita. “Milano la amo e mi fa incazzare, è cambiata molto, non posso dire in meglio. E’ diventata una città un po’ addomesticata in cui devi essere competitivo, è costosa Non riesco a stare in questa città in maniera passiva ma devo dire che le istituzioni non hanno mai dato riconoscimento ai Casino Royale, non ci hanno mai dato niente indietro, forse anche perché io sono un rompiscatole”, conclude con un sorriso dolceamaro l’ex rude boy, memoria storica della Milano musicale ma con lo sguardo rivolto sempre al futuro. 

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