Sono passati 70 anni dalla morte di James Dean. Il 30 settembre 1955 un boato sull’asfalto spezzò una vita. E subito cominciò un’altra storia, quella di una giovanissima stella del cinema che si fa icona. Settant’anni fa una Ford Custom Tudor coupé bianca e nera del 1950 guidata da uno studente voltò a sinistra verso la Route 41 di Cholame, in California, attraversando la corsia. Le due auto si scontrarono quasi frontalmente e per il conducente dell’altra vettura, una Porsche 550 Spyder preparata la mattina stessa per una gara automobilistica, non ci fu nulla da fare. Aveva 24 anni.
Da quel 30 settembre 1955 James Dean è diventato il simbolo di una gioventù spezzata e di un’intera generazione, il bello e dannato dallo spirito ribelle che con il suo fascino finì per rappresentare addirittura un genere, un modo di stare al mondo, di concepire il senso della vita e la sua stessa fine. Ricordato come un seguace della filosofia del carpe diem e come la quintessenza stessa della gioventù statunitense, già prima della tragica morte la critica parlava positivamente delle interpretazioni di quel ragazzo nato da una famiglia di quaccheri, sebbene sia spesso considerato un personaggio la cui fama è andata fin da subito oltre la qualità di attore.
Gioventù bruciata e gli altri film di James Dean
Gli bastarono tre film tutti realizzati in 18 mesi – e nelle sale tra il 1955 e il 1956 – per essere inserito al diciottesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema. Fu il primo attore ad aver ottenuto una candidatura postuma al Premio Oscar, per il suo ruolo nel film ‘La valle dell’Eden’ diretto da Elia Kazan, nel quale interpreta un giovane inquieto in cerca dell’amore paterno mettendo in scena un conflitto biblico tra fratelli e padri. Ottenne anche il Golden Globe per il miglior attore nel 1956 (postumo) e una candidatura all’Oscar come miglior attore per ‘Il Gigante’ sempre postumo nel 1956, pellicola di George Stevens, dove veste i panni di un ragazzo povero che diventa ricco, ma resta affamato di riconoscimento mostrando l’altra faccia del sogno americano: quella che consuma. Fu un’interpretazione cupa, quasi profetica. Ma è con ‘Gioventú bruciata’ (in inglese ‘Rebel Without a Cause’, letteralmente “ribelle senza motivo) nel quale ricopre il ruolo del problematico adolescente Jim Stark, che Dean è andato oltre il suo stesso personaggio capace di parlare un nuovo linguaggio emotivo ed evidenziare quel nervo scoperto che vibra sullo schermo chiamato giovinezza.

La sua fama eterna è dovuta al fatto che nessun attore prima di lui aveva dato al dolore adolescenziale una forma così fisica, vera e universale. La sua è stata la storia di una giovinezza, bellissima e allo stesso tempo oscura e incompleta. “Sogna come se dovessi vivere per sempre. Vivi come se dovessi morire domani”, è la sua frase che ha la forza di un epitaffio per celebrare un artista che aveva le idee ben chiare sul ruolo dell’attore: “Capire il completo significato della vita è suo compito, interpretarla il suo problema ed esprimerla la sua missione”. Dean è amato ancora a 70 anni dalla sua scomparsa perché ha saputo andare oltre mezzo secolo di cinema recitando qualcos’altro da quello che pronuncia. Come diceva il regista e sceneggiatore Francois Truffaut “il suo sguardo non segue la conversazione, provoca una sfasatura tra l’espressione e la cosa espressa e ogni suo gesto è talmente imprevedibile da uccidere la recitazione psicologica il giorno stesso in cui è apparso sulla scena”.