“Un “eroe romantico” ma non nichilista, una famiglia borghese ma “non apatica, anzi piena di umanità”, e un amico aviatore con il quale condivide “il desiderio di sentirsi vivi” a ogni costo. Così si presenta Enea, il personaggio che dà il nome al secondo film di Pietro Castellitto in concorso alla mostra del cinema di Venezia. Prodotto da Luca Guadagnino con la Frenesy Film insieme a Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, uscirà nelle sale il 25 gennaio distribuito da Vision. Il figlio d’arte è alla sua seconda opera dietro la macchina da presa dopo il pluripremiato I Predatori (Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura a Venezia 2020, David di Donatello per il miglior regista esordiente e per la migliore sceneggiatura, Nastro d’argento per il migliore regista esordiente). Sergio e Cesare Castellitto, rispettivamente il papà e il fratello del regista nella vita reale, lo sono anche nel film. Nella famiglia di Enea anche Chiara Noschese che interpreta la madre, mentre l’amico-aviatore di Enea è Giorgio Quarzo Guarascio e Benedetta Porcaroli è la ragazza bellissima di cui Enea si innamora. La droga e i gangster con cui avranno a che fare i due amici sono un’ombra su una storia che parla d’altro, di famiglia, legami e amore da scoprire tra le crepe della quotidianità. “Enea è un film sul desiderio di sentirsi vivi, il bisogno che muove tutte le scelte di Enea è di sentire dentro di sé il movimento della vita. E se i ristoranti, il circolo sportivo, i posti che frequenta possono essere elitari, la vitalità è trasversale a tutti i giovani, di tutti i luoghi e di tutte le generazioni”, sottolinea Pietro. Per la prima volta, papà e figlio si sono ritrovati sul set. E pensare che tutto è nato da un ‘vaffa’. “Ho provato in tutti i modi a non fare un film con mio padre, ho cercato altre strade poi alla fine una sera mi convinsi e lo chiamai all’una di notte: papà, saresti libero a settembre? Mi rispose ‘fanculo, sto a dormì’ e riattaccò’. Era un sì”, è l’aneddoto raccontato da Pietro. “Mi ricordo che tempo prima di quella telefonata notturna ero andato su Imdb e scoprii che ero accreditato per 99 titoli, mi resi conto che il film con lui sarebbe stato il centesimo. Mi è sembrata una cosa amorevole, un segno. Significava azzerare il contatore e fare i successivi 100”, racconta Sergio, spiegando che anche sul set la relazione col figlio è stata “molto tranquilla e senza doppi fondi. Ho fatto il film come gli altri 99, obbedendo al disegno poetico che il regista mi aveva indicato e come negli altri 99 tradendolo, che poi un bravo attore è quello che dovrebbe fare, mettendo qua e là delle bombe”. “Le ho tagliate tutte”, commenta Pietro. “Non è vero, le hai tenute tutte”, risponde Sergio, che poi si fa serio e aggiunge: “E’ chiaro che la relazione, per me che sono il padre, è emotivamente particolare ma anche abbastanza semplice. La cosa che mi appassiona di più è il sentimento che Pietro è riuscito a mettere in queste due stagioni dell’esistenza, giovinezza e vecchiaia. C’è una generazione di adulti, in particolare i loro genitori, che è molto perbene. Ma sono crepati dentro, in qualche misura falliti a fronte di una generazione di giovani che hanno la forza di essere leali e tragici. Questa è una delle cose più belle che il racconto del film mette in scena”. E Pietro guarda in alto, evidentemente colpito.
Venezia 80, in concorso “Enea” di Pietro Castellitto

L’aneddoto del regista: “Papa Sergio disse sì al film con un vaffa”
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