Il nuovo album in uscita il 9 novembre. E per la gioia dei fan italiani, annunciate anche due date nel nostro Paese: il 12 luglio a Milano e il 20 a Roma

"Il rock è ancora rilevante se guarda avanti, se guarda indietro è noioso". Parola di Chris Wolstenholme, bassista dei Muse, la band inglese che ha presentato il nuovo album, 'Simulation theory', in uscita il 9 novembre, l'ottavo in studio, dove sperimenta in undici canzoni con l'elettronica e i suoni anni '80, senza perdere la propria proverbiale potenza, e non rinunciando – come sempre – a dire la sua su quanto succede intorno a noi. E per la gioia dei fan italiani, il trio del Devon, guidato da Matt Bellamy, ha annunciato anche due date estive nel nostro Paese: il 12 luglio allo Stadio di San Siro a Milano e il 20 luglio allo Stadio di Olimpico di Roma. Non solo: i Muse saranno anche gli ospiti internazionali della finale di X Factor, in onda giovedì 13 dicembre su Sky Uno.

'Simulation theory' è una riflessione in musica sull'era digitale: "Ci stiamo arrendendo a una realtà simulata e spendiamo poco tempo nella vita reale. La tecnologia sta prendendo il sopravvento", spiega Chris, evocando temi già toccati nel lavoro precedente, 'Drones', che però era un concept album compatto e omogeneo mentre con 'Simulation theory' la band ha voluto essere più libera di sperimentare e di svariare. E a sorpresa il riferimento sono gli anni '80, a partire dalla copertina del disco, che è quasi una citazione del film culto 'Blade Runner'. "Abbiamo realizzato di essere stati influenzati da quegli anni, la gente di solito ci associa agli anni '90 e anche noi ci siamo sempre percepiti figli di quel decennio, ma siamo stati esposti agli anni '80 quando eravamo bambini, è stata parte della nostra infanzia ed è tornata fuori", racconta il bassista dei Muse. "Abbiamo innanzi tutto voluto inserire quell'estetica nei visual mentre per quanto riguarda la musica è stata l'epoca in cui la tecnologia è entrata negli studi di registrazione di band dallo stile differente. E' un suono che ci ha influenzato, non i gruppi di quegli anni, e ci ha permesso di fare qualcosa di nuovo", chiarisce Wolstenholme, che dice di credere ancora nel rock, "se guarda avanti" e di attendere nel futuro un altro grande gruppo rock. "Penso che che la differenza con il pop o il rap si veda dal vivo. Non voglio dire che quella non sia vera musica, non è così, ma penso che al pubblico piaccia ancora vedere la gente che suona", dice il musicista inglese.

I Muse intanto sono pronti a tornare sul palco e non vedono l'ora di suonare in Italia, un paese "con cui c'è una connessione speciale, non so per quale motivo ma è così", ma spiegano di non voler intraprendere più tour massacranti come il Drones tour, con 9 mesi passati nelle arene. I tre faranno meno concerti ma più date all'aperto nei grandi spazi, per conciliare la vita familiare con quella di rockstar. Bellamy e soci stanno ancora lavorando sullo spettacolo, che come sempre – assicura Chris – sarà arricchito dalla tecnologia e che sarà molto diverso da quello precedente. "Sarà più incentrato sulla performance, sarà qualcosa di teatrale ma vogliamo anche essere più liberi di poter variare la scaletta, vogliamo essere meno legati ai video", anticipa il bassista del gruppo inglese, che conclude l'intervista con quella che sembra essere la parola d'ordine dei Muse oggi: "Nel prossimo tour avremo più libertà".
 

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