“Di educazione sessuo-affettiva se ne vogliamo parlare, ne parliamo ma lateralmente. Perché se vediamo nei Paesi dove da molti anni è un fatto assodato come ad esempio la Svezia, non c’è correlazione con la diminuzione dei femminicidi. La Svezia ha più violenze e più femminicidi di noi”. Lo ha detto la ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Maria Roccella, a margine della Conferenza internazionale contro il femminicidio, a Roma. “Non voglio criminalizzare la Svezia, ma non c’è una correlazione fra l’educazione sessuale a scuola e una diminuzione di violenze contro le donne. Possiamo parlarne, ma non mettiamole insieme. Noi abbiamo bisogno di capire quali sono gli strumenti veramente efficaci se non vogliamo essere ideologici”, ha aggiunto.
Nordio: “Il maschio non accetta la parità, il suo codice genetico fa resistenza”
“Io mi sono sempre chiesto, da modesto studioso anche di storia, come mai siamo arrivati a questa prevaricazione continua, ininterrotta, secolare, millenaria, dell’uomo nei confronti della donna: è una risposta se vogliamo un po’ darwiniana della legge del più forte. Nel senso che dai primordi l’unico criterio di forza era quello della forza fisica, della forza muscolare. E poiché la natura ha dotato i maschietti di una forza muscolare maggiore di quella delle femminucce dai primordi dei tempi, questo unico criterio di superiorità ha diciamo fondato il cosiddetto maschilismo. Se andiamo a guardare la storia dell’umanità, vediamo che purtroppo, salvo rare eccezioni, è un continuo dominio maschile”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel suo intervento alla Conferenza internazionale contro il femminicidio. “Tutto questo – ha proseguito il Guardasigilli – ha comportato una sedimentazione anche nella mentalità dell’uomo, intendo proprio del maschio, che è difficile da rimuovere perché è una sedimentazione che si è formata in millenni di sopraffazione, di superiorità. Quindi anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio, nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza”. “Ecco perché – ha aggiunto – secondo me è necessario intervenire con le leggi, con la repressione, con la prevenzione. Ma è soprattutto necessario intervenire sull’educazione. Un po’ come fanno gli psicologi, gli ipnotisti, gli psicanalisti, quando trovano una specie di tara mentale che deriva da un trauma adolescenziale, noi dobbiamo cercare di rimuovere dalla mentalità dei maschietti questa sedimentazione millenaria di superiorità che continua a tradursi in questi atti di violenza”.
Boschi (Iv): “Da Nordio e Roccella parole imbarazzanti”
“Imbarazzanti. Solo così si possono definire le parole di Nordio e Roccella. Il ministro della Giustizia, che parla della violenza contro le donne come di una ‘tara’ maschile, e la ministra per le Pari opportunità, che sostiene che l’educazione non serva a contrastare i femminicidi, stanno insultando tutte donne che ogni giorno chiedono rispetto e pari opportunità”. Lo dichiara la presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi, che aggiunge: “È questo è il contributo che il governo Meloni offre alla Conferenza contro i femminicidi? Ora capiamo perché l’Italia arretra. Le donne non hanno bisogno di teorie ottocentesche, ma di leggi applicate, fondi certi, centri antiviolenza sostenuti e una cultura del rispetto che si costruisce proprio a scuola. La parità non è un’idea né un’eccezione biologica, è un dovere costituzionale”.
Malavasi (Pd) a Nordio: “Violenza non si giustifica si combatte”
“Le parole del ministro Nordio confermano, ancora una volta, quanto sia urgente abbandonare certi insopportabili stereotipi e idee distorte e ingannevoli. Ridurre millenni di oppressione femminile a una sorta di “legge del più forte”, a un presunto retaggio muscolare inscritto nel codice genetico degli uomini, significa banalizzare un fenomeno complesso e profondamente culturale. La violenza di genere non nasce esclusivamente dalla forza: nasce da rapporti di potere, da strutture sociali ingiuste, da un’asimmetria che la politica dovrebbe impegnarsi a correggere, non a giustificare con spiegazioni pseudo-darwiniane che sembrano uscite da un manuale d’altri tempi. Quello che serve non è la narrazione paternalistica del maschio che lotta con il proprio ‘subconscio’, ma un impegno serio e coerente dello Stato: investimenti nell’educazione al rispetto a scuola, sostegno ai centri antiviolenza, formazione adeguata per chi opera nella giustizia e nelle forze dell’ordine, politiche che liberino le donne dalla dipendenza economica. E soprattutto serve una classe dirigente capace di parlare con responsabilità. Perché minimizzare, semplificare o evocare stereotipi travestiti da analisi storica non aiuta a salvare vite, non aiuta le donne, non aiuta il Paese. La violenza si combatte con cultura, con risorse e con parole all’altezza del ruolo istituzionale che si ricopre. Parole che oggi, purtroppo, non abbiamo ascoltato”. Così Ilenia Malavasi, deputata del Pd.
Appendino su Nordio: “Se questo è un ministro…”
“‘Violenza di genere nel codice genetico maschile’: dopo aver demolito la giustizia, garantito impunità ai soliti noti, liberato uno stupratore di bambini e preso a modello Gelli, Nordio ci regala un’altra perla. La prossima sarà propagandare Lombroso? Se questo è un ministro”. Così sui social la deputata M5S Chiara Appendino.
Manzi (Pd): “Dichiarazioni Roccella fuorvianti”
“Le dichiarazioni della ministra Roccella sull’assenza di correlazione tra educazione sessuale e prevenzione della violenza di genere appaiono fuorvianti e non supportate da un’analisi seria dei dati. Richiamare la Svezia come esempio negativo, senza considerare il contesto culturale, sociale e normativo, significa ridurre un tema complesso a un argomento ideologico. La ricerca internazionale e l’esperienza delle scuole dimostrano che i percorsi di educazione alle relazioni, al rispetto e al consenso sono una parte essenziale delle strategie di prevenzione, non certo un orpello marginale”. Così Irene Manzi, responsabile nazionale scuola Pd.
“Ribadiamo che la lotta al femminicidio richiede un approccio che vada oltre la repressione e investa nella prevenzione culturale. Le linee guida previste dalla legge 107 già indicano chiaramente la necessità di promuovere nelle scuole la parità di genere e la prevenzione della violenza e delle discriminazioni, ma questo governo continua a ignorarle. Ostacolare o burocratizzare i progetti educativi, come è accaduto con l’obbligo del consenso delle famiglie per ogni attività, significa depotenziare gli strumenti di cui la scuola dovrebbe essere dotata. È sbagliato rappresentare l’educazione sessuo-affettiva come un’operazione ideologica: si tratta invece di formare ragazzi e ragazze alla consapevolezza, al rispetto reciproco, alla gestione delle emozioni e dei conflitti. È questo il lavoro che molte scuole, associazioni ed esperti portano avanti da anni e che dovrebbe essere sostenuto, non delegittimato. La cultura della prevenzione non si costruisce negando il ruolo dell’educazione, ma rafforzandolo. Di fronte a una violenza che ha radici profonde nella disparità e nei modelli relazionali distorti, servono politiche coraggiose e integrate. Ridurre il tema a una contestazione numerica o isolare un singolo Paese come esempio non rende giustizia alla complessità del fenomeno che ha profonde radici culturali”, conclude Manzi.
M5S a Nordio: Non sono retaggi biologici, ma frutto di stereotipi”
“Gravissimo che il ministro Nordio riduca la violenza maschile contro le donne a ‘sedimentazione genetica’. Parlare di ‘subconscio maschile’ e di ‘codice genetico’ che resiste all’uguaglianza significa spostare l’attenzione dalle responsabilità umane, culturali e politiche a una sorta di destino inevitabile. No, ministro: il femminicidio non è un retaggio biologico, ma il frutto avvelenato di scelte, silenzi, mancati investimenti, leggi non applicate e stereotipi che continuano a essere tollerati. È troppo comodo liquidare tutto come un problema millenario, mentre ogni giorno una donna chiede aiuto e trova Istituzioni lente, risorse insufficienti, percorsi di protezione a ostacoli. Se davvero vuole cambiare le cose, Nordio smetta di filosofeggiare sulla ‘legge del più forte’ e inizi a rafforzare la legge dello Stato: fondi certi ai centri antiviolenza, formazione obbligatoria, misure di protezione immediate ed efficaci. La cultura si cambia con l’educazione, ma la credibilità delle Istituzioni si costruisce con i fatti, non con spiegazioni pseudo-darwiniane”. Così in una nota le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino.

