Nel testo la stretta sulle intercettazioni e l'abrogazione dell'abuso d'ufficio. Nordio: "Inizio della fine di un periodo oscuro"
Via libera del Senato al disegno di legge del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Hanno votato a favore 104 senatori, 56 i no, nessun astenuto. La votazione è avvenuta con voto palese, ritirata la proposta di voto segreto. Il testo passa ora all’esame della Camera. Il provvedimento abroga il delitto di abuso d’ufficio previsto dall’articolo 323 del codice penale e modifica il reato di traffico di influenze illecite; interviene nuovamente sulle intercettazioni a tutela del terzo non indagato (divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento); novità anche sulle misure cautelari, con l’interrogatorio preventivo della persona sottoposta alle indagini preliminari e la decisione collegiale per la custodia in carcere; infine si esclude il potere del pm di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per molti reati.
Nordio: “Inizio della fine di un periodo oscuro”
“È un momento importante per la riforma complessiva della Giustizia, che in questo momento viene cosiglata da un ramo del parlamento. Attendiamo la seconda con fiducia. Ma è solo l’inizio della fine“. Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio, parlando con i giornalisti in Senato dopo il primo sì al suo ddl. “L’inizio della fine di un periodo oscuro per la Giustizia italiana, che ha visto molto spesso sul banco della opinione pubblica persone completamente estranee alle indagini, delegittimate, offese e compromesse nella loro carriera per ragioni che si sono rivelate infondate”, ha aggiunto. L’abrogazione dell’abuso d’ufficio “è un momento importante per l’amministrazione – ha osservato – perché rassicura i pubblici amministratori contro quella che tutti ormai conoscono come la paura della firma, che era fondata non tanto sulla prospettiva di una condanna, che non sarebbe mai intervenuta, quanto su quella della diffusione simultanea della notizia dell’indagine che spesso ha compromesso la loro carriera e anche la candidatura di molti di questi”.
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