Il leader del M5S: "Esecutivo getta benzina sul fuoco". La segretaria Pd, Schlein: "Proposta delle opposizioni è unitaria"
Si riaccende il dibattito sul salario minimo, che continua a spaccare politica e parti sociali. La proposta di legge annunciata dalle opposizioni – che fissa una soglia minima di 9 euro l’ora – non è ancora stata depositata alla Camera, ma ha rianimato la polemica su una misura che tiene banco nell’agone pubblico da oltre un anno. Intanto, ognuno è rimasto dal proprio lato della barricata: da una parte Cgil e Uil, insieme a Pd e Movimento 5 Stelle, che caldeggiano l’introduzione della misura in Italia, insieme ad una legge sulla rappresentanza, sulla scia della direttiva Ue approvata nel 2022; dall’altra la Cisl, che spinge invece per rafforzare la contrattazione, spostandosi di fatto verso la maggioranza guidata da Giorgia Meloni, che sbarra la porta: “non ci si arriva per legge”. Alla finestra gli industriali, con il presidente Carlo Bonomi che ribadisce: “non è un problema di Confindustria, noi paghiamo il giusto”.
Le opposizioni partono subito al contrattacco. “Questo è un governo reazionario, senza visione. Getta benzina sul fuoco in modo consapevole, programmando un incendio sociale”, tuona il presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte. “Non si può più attendere – incalza la segretaria dem, Elly Schlein – ci sono sacche di lavoro povero che vanno contrastate con misure concrete, tanto più oggi che l’inflazione viaggia così alta. Noi continueremo, come Pd, a insistere sulla necessità di introdurre questa proposta“. Un salario minimo fissato per legge “andrebbe a danneggiare il lavoro povero”, dice Antonio Tajani, intervendendo nel dibattito in veste di coordinatore di FI e ribadendo la centralità della contrattazione collettiva collettiva. Ma aggiunge anche: “Per legge si può decidere che il salario collettivo minimo viene utilizzato per tutti i lavoratori che non partecipano a un contratto collettivo”.
Secondo i calcoli dell’Inps, introducendo il salario minimo lo Stato guadagnerebbe “un vantaggio da 1,5 miliardi l’anno”, insieme ad un aumento delle pensioni pari al 10% con “maggiori vantaggi per le donne e per i lavoratori nati dopo il 1980, che hanno iniziato a lavorare più tardi”, assicura l’ex presidente dell’istituto, Pasquale Tridico. Ma l’esecutivo va in un’altra direzione. “Vogliamo favorire una contrattazione collettiva sempre più virtuosa, investire sul welfare aziendale, agire su agevolazioni fiscali e contributive, stimolare i rinnovi contrattuali”, spiega la premier. “Il tavolo con le parti sociali – aggiunge poi – è sempre aperto, noi ci confrontiamo con tutti, senza preclusioni”. Un’affermazione che però viene immediatamente freddata dalla Cgil, che definisce gli incontri sulle riforme “inutili e finti”, accusando il governo di non riconoscere ai sindacati “il ruolo di chi rappresenta milioni di persone. L’esecutivo – continua Landini – non deve essere d’accordo con noi ma nemmeno prenderci in giro”. Il nodo del problema quindi è anche politico. “In Francia – afferma il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri – c’è una legge di sostegno ai contratti maggiormente rappresentativi. I politici se la sentono di fare la stessa cosa qui? Non mi pare, visto che il governo invita ai tavoli i sindacati gialli che firmano i contratti pirata, e va a fare le sfilate ai loro congressi”. Sindacati gialli che, chiosa Bombardieri, “dialogano molto bene con Sbarra”.
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