Si cerca un accordo nella maggioranza, il centrodestra sembra compatto a a difesa del maggioritario

Sulla legge elettorale lo sprint di Enrico Letta è “solo un anticipo dei fuochi di artificio, quelli veri ci saranno in autunno”. Radio Transatlantico fibrilla, mentre Mario Draghi fa la sua informativa alle Camere sugli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina, e si ragiona sull’ultimo strappo di Giuseppe Conte dopo la debacle per la commissione Esteri del Senato. “Nessuno staccherà la spina prima della pausa estiva”, ragiona un deputato di lungo corso del centrodestra “soprattutto per i 5Stelle al secondo mandato, che non saranno ricandidati, conviene restare incollati alla poltrona fino a settembre per incassare la pensione. E andare a casa contenti”. E dopo? “Quello del voto in autunno è solo uno spauracchio piazzato ad arte per rimettere sull’attenti chi davvero crede di staccare la spina in piena crisi ucraina e con una legge di bilancio che solo Draghi potrà fare”, ragiona un ministro seduto sui divanetti di palazzo Madama. E’ naturale quindi passare al tema successivo, quello della legge elettorale. Nel corridoio dei ‘passi perduti’ c’è chi è pronto a scommettere che “non se ne farà nulla, si andrà a votare col Rosatellum rivisitato per il taglio dei parlamentari”, assicura un fan delle coalizioni. Non è d’accordo invece chi tifa per il terzo polo, quello che unisce i moderati e liberali e che punta a inglobare gli scontenti di Forza Italia, i delusi di Giuseppe Conte e chi nel Partito democratico non crede nell’alleanza con i 5Stelle. “E’ tutto già deciso, a ottobre o al massimo a novembre si comincerà a lavorare sul nuovo sistema di voto che sarà proporzionale”, confida a LaPresse una fonte qualificata. “E’ per quel periodo ci starà anche Matteo Salvini”, taglia corto.

Per riformare la legge elettorale deve esserci un accordo in maggioranza o quanto meno la non belligeranza. Letta lo auspica da mesi, Conte – che ha intensificato i contatti con il leader del Carroccio – vorrebbe riuscire a convincere Salvini. Ma per ora non se ne parla. Il centrodestra sembra compatto a difesa del maggioritario, anche se durante il vertice di Arcore – quello del non chiarimento – Meloni ha sentito puzza di bruciato soprattutto in vista delle elezioni politiche del 2023. Il giro di boa per il segretario di via Bellerio, comunque, saranno le regionali di ottobre. Il resoconto dei voti che incassera il partito lo farà virare, ovviamente, o verso il proporzionale o per mantenere lo status quo. Tutto dipenderà – viene spiegato anche da alcuni leghisti – da quanto sarà il distacco tra Lega e Fdi e da quanto sarà forte la spinta dei governisti di Forza Italia. Perché anche in casa di Silvio Berlusconi le acque non sono tranquillissime. Il caso di Maria Stella Gelmini ha aperto una turbolenza non da poco, allargando il divario tra moderati e filosovranisti. Un quadro per nulla rilassato in tutte le forze politiche, con tensioni ampliate dalla campagna elettorale per le amministrative. E la previsione che si fa è più cinica del previsto: “In entrambe le coalizioni – che sia di destra o di sinistra – i conti si faranno a ottobre. Come sempre sarà il mero interesse di partito a decidere le regole del voto. Alla fine però si andrà per il proporzionale, perché in fondo conviene a tutti”, la sentenza.

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