Irritazione in casa dem per la posizione dell'ex premier sul ballottaggio per l'Eliseo
Mai così distanti – a Roma, sui principali dossier internazionali – mai così uniti sui territori, in vista delle Amministrative di inizio giugno. Tra Pd e M5S il barometro continua a indicare tempesta, tanto che è lo stesso Giuseppe Conte, interpellato sui malumori dem dopo la mancata scelta, in tv, tra Marine Le Pen e Emmanuel Macron, a sbottare contro l’alleato: “Io non so cosa si chiede il Pd, soprattutto se a chiederlo sono i nostalgici di Renzi. Non voglio entrare in queste valutazioni ma invito il Pd a non entrare in valutazioni personali”, taglia corto. L’ex premier continua a non schierarsi con il presidente francese uscente, ma definisce il M5S “molto distante” dalle politiche di Le Pen: “Chiedo di non speculare perché noi su questo punto non ci sono fraintendimenti. Solo chi è in malafede può farlo”.
Al Nazareno, in ogni caso, tirano dritti: “Non possono esserci dubbi tra Macron e Le Pen, per noi è una questione identitaria”, è la linea. Enrico Letta lo dice chiaro: “Nel caso in cui vincesse Marine Le Pen sarebbe la fine dell’Europa comunitaria”, scandisce. Non solo. “Sarebbe la più grande vittoria di Putin, anche più di una possibile conquista dell’Ucraina sul territorio”, dice ribadendo il ragionamento fatto alcuni giorni fa con il Washington Post. Quanto alla stilettata rivolta da Conte, la replica dei dem è netta: “Qui non esistono nostalgici dell’uno o dell’altro segretario, il Pd è un partito vero, compatto e rispettoso di tutte le sensibilità”.
Da Base riformista, poi, è Andrea Romano a intervenire: “Sulla scelta tra Macron e Le Pen suggerisco a Giuseppe Conte di non buttarla in caciara, insultando i tanti che nel Pd e fuori del Pd hanno trovato inaccettabile che il leader di un grande partito non abbia avuto il coraggio di auspicare la vittoria di Macron”, dice sottolineando che gli interventi contro la presunta equidistanza del leader M5S sono arrivati anche da persone vicine al segretario come Brando Benifei, capodelegazione del Pse al Parlamento europeo, o Peppe Provenzano, vicesegretario dem. Punge l’ex premier Andrea Marcucci: “Conte può dire come stanno facendo i democratici in tutta Europa che sta dalla parte di Macron.
In fondo non è difficile, basta seguire il ministro Di Maio”, cinguetta provocatorio. Anche sul fronte ucraino, poi, le distanze restano. Se i pentastellati, infatti, avrebbero pronta una mozione contro l’invio di nuovi armamenti a Kiev, sia pur difensivi, i dem sono compatti attorno alle scelte di Mario Draghi e Lorenzo Guerini, in linea con la strategia europea. A dividere, infine, anche la scelta di Roberto Gualtieri di dotare Roma di un termovalorizzatore, con tanto di istantanea della spaccatura data dall’occupazione dell’aula Giulio Cesare in Campidoglio da parte dell’ex sindaca pentastellata Virginia Raggi.
Nonostante queste fibrillazioni, però, l’asse giallo-rosso regge in vista delle Amministrative. Gli alleati, secondo le stime fatte arrivare da Francesco Boccia al Nazareno nelle ultime ore, correranno insieme nell’80% dei Comuni nei quali è previsto il doppio turno (quelli con più di 15mila abitanti). Il dato è in crescita: erano il 50% nel 2021. “Alla fine, si parla tanto delle vere o presunte divisioni nel centrosinistra quando – si rileva al Nazareno – il dato politico è che è il centrodestra ad arrivare, ormai da anni, lacerato e diviso ad ogni grande appuntamento politico o elettorale”. Letta e Conte saranno rispettivamente domani e dopodomani al congresso nazionale di Art.1, ospiti di Roberto Speranza. Aspettando il risultato del secondo turno francese, insomma, lavori in corso nella costruzione del campo largo progressista.
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