Approvati i 43 articoli del provvedimento, martedì la votazione finale a Montecitorio

La maggioranza si muove a geometrie variabili, ma il testo di riforma del Csm ‘tiene’ e la Camera approva – senza fiducia, così come “promesso” da Mario Draghi – i 43 articoli del provvedimento, evitando intoppi nell’esame degli oltre 230 emendamenti presentati. Sono Italia viva e Lega a smarcarsi in più di un’occasione dal percorso tracciato dall’accordo siglato tra la maggioranza e la guardasigilli Marta Cartabia. Iv mantiene e vota le proprie proposte di modifica e lo stesso fa il Carroccio con pochi emendamenti che ricalcano i quesiti referendari. Succede sulla responsabilità civile dei magistrati, come sulla separazione “netta” delle funzioni giudicante e requirente. I renziani votano con FdI e Alternativa, e contro il parere del Governo, anche lo stop al cumulo delle indennità per chi svolge in simultanea diverse funzioni, mentre i pentastellati decidono di astenersi sulla separazione delle carriere, ma in realtà il testo Cartabia arriva al traguardo senza grosse difficoltà. Gli emendamenti vengono bocciati con uno scarto che va dai 200 ai 300 voti, che certificano la compattezza dell’asse ‘Ursula’ Pd-M5S-Leu-FI, mentre Iv si astiene sugli articoli, così come farà martedì quando è atteso l’ok finale al testo.

La riforma approderà poi in Senato ed è lì – dove i numeri sono più risicati – che i renziani e il Carroccio proveranno a mettere in campo sgambetti e modifiche.

“I voti di oggi sono l’inizio del percorso della riforma sul CSM che dovrà essere completato al Senato – dice chiaro Giulia Bongiorno, responsabile del Dipartimento Giustizia della Lega – È evidente comunque che per imprimere un profondo ed autentico cambiamento occorre votare per i referendum, a maggior ragione dopo la bocciatura dell’emendamento sulla separazione delle carriere”. Esulta, invece. FI. “C’è una svolta epocale con la riforma della giustizia che sta approvando il Parlamento”, dice senza mezzi termini Antonio Tajani. “La scrittura della riforma è stato un percorso tortuoso, è stato fatto un grande lavoro di sintesi che ha fermato quel partito anti-giudici che vorrebbe colpire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Alcuni gruppi hanno fatto sacrifici ‘politici’, per senso di responsabilità, mentre c’è chi ha inseguito il proprio tornaconto, anche tutelando interessi mascherati da finto riformismo”, attacca invece Mario Perantoni, presidente M5S della commissione Giustizia. La partita, adesso, si sposterà a palazzo Madama prima e poi, il 12 giugno, nelle cabine elettorali per i referendum. In quest’ultimo caso, però, sarà anche la partecipazione al voto (in alcune città in election day con le Amministrative) a giocare la sua parte.

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