Il premier mercoledì in aula alla Camera: "Nessuno pagherà più tasse per questo"
Quando Mario Draghi lascia l’aula della Camera alcuni deputati si affrettano a rincuorarlo: “Presidente non ti preoccupare, sono scontri normali in Parlamento”. “Hai fatto bene – rincara la dose Vittorio Sgarbi – dovevi urlare loro ‘capre'”. Il premier sorride, stringe le ultime mani e torna a palazzo Chigi, quasi sollevato per essersi tolto un sassolino dalla scarpa. Lo ‘scontro’ in questione, altro non è che il botta e risposta andato in scena durante il premier time, sulla riforma del catasto. Francesco Lollobrigida, capogruppo di FdI, accusa il Governo di “stangare gli italiani” con una “patrimoniale nascosta” nella delega fiscale. Draghi ascolta, poi, al momento di replicare, si gira prontamente verso gli scranni dove siedono i deputati del partito guidato da Giorgia Meloni e dice chiaro: “La sua domanda rivela un equivoco profondo, ovvero che siccome c’è l’emergenza bisogna fermarsi, non bisogna fare altro, niente riforme, niente cambiamenti, sempre fermi. Ecco – scandisce – questo non è il motivo per cui è nato questo governo, non è nato per star fermo”.
La maggioranza di centrosinistra accenna un timido applauso, ma il premier non ha ancora finito. Non ci sarà alcun incremento dell’imposizione fiscale “sugli immobili regolarmente accatastati – ribadisce – Nessuno pagherà più tasse per questo. E devo dire un po’ di credibilità sul fronte di non far pagare più tasse questo governo se l’è guadagnata”. Dai banchi di FdI si leva un coro sarcastico: “Ooooh”. “Se l’è guadagnata eccome”, ribatte Draghi. La battaglia andata in scena la sera prima in commissione Finanze con FI e Lega che hanno votato con le opposizioni e spaccato la maggioranza per tentare di sopprimere il cuore della riforma, insomma, non è piaciuta all’inquilino di palazzo Chigi. “L’impianto del catasto è del 1939, ci sono state tante cose in mezzo, anche una seconda Guerra mondiale. Non solo, – insiste il premier – gli estimi su cui sono basati i gettiti oggi sono dell’89, sono passati 23 anni”. L’aula rumoreggia e lui si corregge: “Sì, 33 anni…scusate: è diventata una materia così emotiva che mi sbaglio anche io”, è la stilettata. La linea del Governo, quindi, non cambia. La mappatura serve e non solo perché lo prevede un impegno preso con l’Ue per la messa a terra del Pnrr: “L’introduzione dell’Ici, l’introduzione dell’Imu, l’abolizione dell’Ici, l’introduzione della Tasi, l’abolizione della Tasi, sono state fatte sempre su valori inesistenti, su valori che non hanno senso, su valori di 33 anni fa. Allora questa procedura di applicare un coefficiente fisso su valori che non hanno senso per produrre numeri che non hanno senso deve finire, vogliamo trasparenza”, conclude.
Il braccio di ferro sul fisco, insomma, non è assolutamente finito. Per trovare una quadra ed evitare altre spaccature all’interno della maggioranza da domani una delegazione del Governo (dossier affidato al ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, alla viceministra dell’Economia Cecilia Guerra e al sottosegretario Franco Freni) incontrerà tutti i partiti di maggioranza in una serie di incontri bilaterali. “Abbiamo superato le difficoltà delle scorse giornate e condiviso un metodo di lavoro – esulta D’Incà – questo mi fa essere ottimista per il futuro”. In realtà, però, la Lega annuncia battaglia e anche FI non intende perdere terreno rispetto agli alleati su una battaglia identitaria come quella delle tasse.
E se il premier tira dritto, non è solo alle riforme che attendono l’Italia, però, che guarda. La crisi in Ucraina rischia di avere conseguenze pesanti sulla crescita, così come sul carovita delle famiglie e la “sopravvivenza” delle imprese. E se Draghi ribadisce l’intenzione del Governo “di fare tutto il possibile” per mitigare gli effetti dei rincari e per rimediare alla “sottovalutazione” degli ultimi anni in materia di differenziazione energetica (anche mattenendo alta l’attenzione sul nucleare pulito), il premier manda anche un messaggio chiaro all’Europa. “Servono regole nuove”, dice chiaro, perché quelle vecchie non tengono conto di “priorità strategiche chiarissime” per l’Unione europea e per l’Italia: “clima, energia, difesa. Quindi occorre ripensare un pochino allo schema generale”.
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