Enrico Letta è deciso: “E’ il momento di incassare il risultato portato a casa con la rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale e ‘chiamare’ il congresso”. È questo, nelle ultime ore, il messaggio fatto arrivare da chi gli è più vicino. Il segretario dem, però, prende tempo: “Non è all’ordine del giorno”, il ragionamento fatto con i suoi, che descrivono il leader “soddisfatto” per aver sventato un disegno che, con Pier Ferdinando Casini al Quirinale, “avrebbe lacerato il partito, restituito un’influenza alle correnti organizzate e aperto una strada a uno schema neocentrista che è del tutto incompatibile con il campo largo”, che Letta vede orientato più a sinistra. La partecipazione – via ‘agorà’ – degli azzurri al campo largo, “non è il modo” con cui trattare il rapporto con FI, aveva detto il segretario sabato in conferenza stampa, aprendo tuttavia a un dialogo con la componente guidata da Silvio Berlusconi, forte anche dell’autonomia rivendicata rispetto al centrodestra sovranista.
Le ‘scorie’ post voto, in ogni caso, non sono ancora andate via. Il Nazareno le considera prevedibili e, in ogni caso, non destano particolari preoccupazioni. Anche il ‘cortocircuito’ nato attorno al nome di Elisabetta Belloni, per i Dem, è un ‘non caso’. Il nome della direttrice del Dis, ribadisce Letta, non sarebbe mai potuto essere il suo punto di caduta avendo lui posto come condizione l’unità della maggioranza.
Archiviata la partita Quirinale, comunque, il segretario sta lavorando insieme al responsabile riforme Andrea Giorgis e alla costituzionalista Carla Bassu alla riforma dei regolamenti parlamentari. La proposta che mira a rendere ‘svantaggiosi’ i cambi di casacca è già ad un avanzato stadio di elaborazione parlamentare e – sono convinti al Nazareno – “ci sono i margini per arrivare a un risultato”, dal momento che, fatte salve le eccezioni poste da FI, si registra una sostanziale apertura da parte delle altre forze politiche. Resta il nodo legge elettorale, che sarà affrontato nei prossimi mesi. Letta ha chiesto a tutte le forze politiche di sedere a un tavolo a discutere, dicendosi pronto a valutare tutte le soluzioni. L’ex premier ha più volte manifestato la sua predilezione personale per uno schema maggioritario, ma il crescere – dentro e fuori il partito – di un ampio fronte per il proporzionale (il Brescellum, ultimo sistema che si è arenato in Parlamento prevedeva uno sbarramento al 5%) impone un’apertura al dialogo, che punti anche a superare “l’ignominia” delle liste bloccate.
La discussione sulle regole del gioco ha a che fare, ovviamente, con lo schema delle alleanze. Se, infatti, il centrodestra è alla ricerca di una nuova identità di gioco in vista del 2023, i dem osservano la crisi in corso all’interno del M5S, vittima dello scontro intestino tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Letta è convinto che il Pd debba star fuori dal “legittimo ma incandescente” confronto dentro il M5S. I Dem si sentono “osservatori interessati ma non interventisti”. “Se la vedessero tra loro”, taglia corto un dirigente dem vicino al segretario.