Salvini e Meloni plaudono alla scelta del leader di Forza Italia. Il Centrodestra verso una candidatura condivisa
Silvio Berlusconi fa un passo indietro nella corsa al Quirinale, ma non esce di scena. La riserva la scioglie al vertice del centrodestra, ma a parlare è una sua nota, letta dalla senatrice azzurra, Licia Ronzulli, che assieme al vice presidente, Antonio Tajani, rappresenta FI con gli alleati. Entrambi sono collegati dal pc del Cav, ad Arcore, ma il leader non è presente, almeno davanti allo schermo, così come non ha preso parte, un paio d’ore prima, alla riunione con ministri, sottosegretari e vertici di FI. Le ragioni della sua scelta le consegna poi in un comunicato ben più articolato, con il quale dice esattamente due cose importanti: la prima di aver verificato “l’esistenza di numeri sufficienti per l’elezione”, la seconda che ha deciso “di compiere un altro passo sulla strada della responsabilità nazionale, chiedendo a quanti lo hanno proposto di rinunciare ad indicare il mio nome per la Presidenza della Repubblica”.
È evidente che l’ex premier vuole tenere ancora il pallino in mano, sventolando nella corrida politica il drappo rosso di quel pacchetto di voti che farebbe gola a chiunque. Figurarsi a una maggioranza che stenta a trovare un’intesa sul successore di Sergio Mattarella. Ogni gesto di Berlusconi non è mai fine a se stesso, perché in un altro passaggio lo dice chiaro e tondo: “Da oggi lavoreremo con i leader del centrodestra – che rappresenta la maggioranza nel Paese ed a cui spetta l’onere della proposta – per concordare un nome in grado di raccogliere un consenso vasto in Parlamento”. Tradotto: la strada del Colle non ha più la precedenza a sinistra. Mentre agli alleati lancia un messaggio: senza di me, senza FI, la partita si complica.
Il Cavaliere riserva anche un pensiero a Mario Draghi: è “necessario che il governo Draghi completi la sua opera fino alla fine della legislatura”. All’apparenza una chiusura all’ex Bce, anche se nessuno se la sente di dire se è definitiva. “Il centrodestra è compatto ed è pronto a formulare diverse proposte di alto profilo su cui la sinistra non potrà porre veti come fatto nelle ultime settimane”, fanno sapere dalla Lega subito dopo la fine del vertice di coalizione. Matteo Salvini nelle prossime ore vedrà Enrico Letta, ma il suo giro di incontri e telefonate adesso sarà inevitabilmente più turbinante: “Dopo la scelta generosa di Berlusconi, ora vediamo se a sinistra continueranno a dire di no a tutte e tutti”, twitta. Il tempo stringe e un accordo con l’altra metà della maggioranza va trovato, possibilmente, entro l’inizio della prossima settimana. Di sicuro un tentativo di chiudere su un nome condiviso verrà fatto prima della quarta votazione, anche per dare un segnale al Paese dopo settimane di scontri, veti e prove muscolari.
Le trattative, però, dovranno partire da un assunto: la variegata ‘koalition’ su cui regge il governo non si tocca e, dunque, la legislatura dovrà terminare a scadenza naturale. Un boccone decisamente indigesto, però, per FdI, che nel vertice di area ribadisce con vigore di “non auspicare in alcun modo che la legislatura prosegua, come invece possono eventualmente ritenere le forze politiche della maggioranza”. E qualche sassolino la squadra di Giorgia Meloni se lo toglie, non prima di esprimere “apprezzamento” per il beau geste del Cav. In una nota fanno sapere di non aver apprezzato le indiscrezioni uscite durante il vertice, nel quale “non sono state formulate da alcuno specifiche proposte di candidatura né tantomeno sono stati posti veti di alcun genere”. Poi la puntura di spillo: “Non abbiamo espresso alcun giudizio sulla questione di Mario Draghi al Quirinale. Non è stata posta e sarebbe semmai problema che possono avere le forze che partecipano al suo governo”. Adesso, tolte quelle che Berlusconi definisce “lacerazioni sul mio nome”, la partita è in mano ai leader. Ma non è detto che la strada sia tutta in discesa.
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