Enrico Letta chiede un nome super partes

“Noi vogliamo e dobbiamo dialogare con il centrodestra per un nome non di centrodestra ma super partes”. Enrico Letta è di giorno in giorno più chiaro con chi sta dall’altra parte del campo. La rotta, il segretario Pd, l’aveva tracciata già nel corso della riunione con la Direzione e i parlamentari dem. Il ‘modello’ da seguire è quello di Sergio Mattarella. L’alt, quindi, non riguarda solo Silvio Berlusconi.

“L’aspettativa” che si sta creando per l’annuncio dell’endorsement dell’ex Cav su nomi di centrodestra a seguito della sua attesa rinuncia “non è una questione che ci riguarda – filtra a sera dal Nazareno -. Riguarda forse loro, non noi. Non voteremo un candidato di centrodestra”. Tradotto: i dem non hanno alcuna intenzione di votare Elisabetta Casellati, o candidature simili. L’indicazione per una figura super partes ha a che fare con il profilo istituzionale e valoriale dell’inquilino del Colle, ma non solo. La strategia per cui si batte il leader del Nazareno punta alla stabilità del Governo. “Con una maggioranza al 90% sarebbe assurdo e contraddittorio se eleggessimo un presidente della Repubblica a 505 voti, o con una maggioranza delicatissima”, insiste. “Assurdo, contraddittorio” e – è il non detto – pericoloso.

Già, perché, ragionano i dem in Parlamento, se ha una sua logica tenere Mario Draghi a palazzo Chigi, è anche vero che se i partiti “decidono di non mandare il premier al Quirinale dopo che ha detto che è pronto a fare il nonno delle istituzioni, poi perché l’ex uomo di Francoforte dovrebbe restare al Governo? Chi glielo fa fare?”. “E poi quale sarebbe il nome in grado di mettere d’accordo tutte le forze di maggioranza, se non Draghi?”. La risposta che tutti conservano nelle proprie speranze risponde, ovviamente, al nome di Sergio Mattarella. E se il Pd lascia questa opzione nel cassetto “come si fa con i sogni”, il M5S ci punta ancora, tanto da sollevare qualche polemica. “Sanno solo mettere veti e proporre Mattarella, come i bambini, ma non sta in piedi”, è il refrain in Transatlantico.

Del resto anche oggi, viene fatto notare, anche nella riunione del Csm, nel ringraziare togati e laici per la ‘tempestività’ con cui sono state assunte le decisioni sulla riconferma dei vertici della Cassazione, Sergio Mattarella ha fatto “gli auguri più intensi” ai componenti del Csm per le attività che il Consiglio svolgerà nei prossimi mesi con la presidenza del “nuovo” capo dello Stato.

Avanti per un nome “di tutti”, quindi. Èd è in questa direzione che al Nazareno guardano positivamente all’incontro tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Anche la diplomazia dem è al lavoro, Letta vedrà nei prossimi giorni il leader del Carroccio ed è in contatto con tutti gli altri. L’opzione più forte, se così si può dire, per i dem resta comunque quella di eleggere Draghi. E’ qui, però, che “la situazione è totalmente bloccata e tutti brancolano nel buio”. Le trattative, come è ovvio, sono in corso ai massimi livelli ma lo stallo resta: “L’importante è che vi sia accordo sul governo. Non è possibile fare operazioni al buio perché così, Draghi o non Draghi, il governo salta. Quindi la maggioranza parlamentare deve trovare un’intesa su un nome condiviso e contestualmente sul governo. Le due partite stanno insieme”, ribadisce un dirigente dem di alto rango. “Il problema però – ammettono i più – è che l’accordo politico non c’è”.

Nelle segrete stanze si starebbe ancora lavorando nel tentativo di trovare la quadra sul primo presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica. Ma le quotazioni di Marta Cartabia “scendono”, Elisabetta Belloni “è attualmente il capo dei Dis e il passaggio a palazzo Chigi non è così scontato” e Paola Severino “resta indigeribile per FI”. Per i dem, c’è poi la ‘variabile Renzi’: “Non essendoci un filo politico, Matteo sa che può essere decisivo se dovesse scattare un’operazione di piccolo cabotaggio e sta lì a guardare”.

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