“Delusione” e “preoccupazione”. Il Nazareno fino all’ultimo aveva sperato in un passo indietro del centrodestra sulla candidatura di Silvio Berlusconi, ma l’esito del vertice a Villa Grande se non chiude tutte le porte, sulla trattativa per l’elezione del presidente della Repubblica, quantomeno allunga i tempi. Prefigurando sempre di più lo spettro dello stallo in Parlamento. Matteo Salvini e Giorgia Meloni fanno quadrato attorno al Cav rispondendo picche alle richieste di Enrico Letta di non portare sul tavolo del confronto un capo politico e soprattutto una figura come quella dell’ex premier azzurro, divisiva. “Bisogna avere un approccio costruttivo e trovare una soluzione condivisa”, aveva rimarcato. “È un approccio da confermare anche per quanto riguarda il centrodestra, bisogna avere la capacità di andare oltre le bandiere e gli stendardi. La proposta deve essere di alto profilo e condivisa da tutti”, l’invito.
Nulla di tutto questo, ma l’allarme nello schieramento di centrosinistra non è partito. L’esito del vertice di Villa Grande, spiegano diverse fonti, “è solo quello di guadagnare tempo, mettendo all’angolo Berlusconi”. La lettura che viene data, fuori taccuino ovviamente, è quella di costringere l’uomo di Arcore a portare sul tavolo i numeri che decanta, con tanto di verifica, per poi metterlo davanti al fatto compiuto, “non esistono le condizioni politiche” per una ascesa al Colle e farlo togliere dalla corsa. La strada dunque si fa in salita, con un coro di ‘no’ contro Berlusconi. “Per noi è un’opzione irricevibile e improponibile. Il centrodestra non blocchi l’Italia. Qui fuori c’è un Paese che soffre e attende risposte, non possiamo giocare sulle spalle di famiglie e imprese”, tuona il leader M5S, Giuseppe Conte, lanciando la chiamata alle armi degli ‘alleati’: “Sicuramente ci sarà un fronte contrapposto e a quel punto le restanti forze del fronte progressista dovranno proporre una candidatura diversa”.
La stessa ‘musica’ è suonata in casa Leu, con Federico Fornaro che avverte: “La candidatura di Berlusconi è l’esatto contrario di quello che servirebbe in questa difficile e complessa fase della storia nazionale. Una decisione che complica oggettivamente il percorso e rappresenta un macigno posto deliberatamente dal centrodestra sulla strada maestra di una ricerca condivisa di un Presidente della Repubblica, autorevole e garante della Costituzione, che unisca e non divida il paese”. Anche per Carlo Calenda la candidatura di Berlusconi dimostra solo “la mancanza di senso del limite”, e si chiede “perché durante un periodo così difficile, dopo che il Paese ha trovato unità attorno a Draghi, si vuole andare incontro a una crisi di Governo?”.
Il tutto alla vigilia della direzione del Pd, che si terrà sabato, e che inevitabilmente, oltre a dare il mandato al segretario per trattare, dovrà anche ragionare su come rafforzare il campo progressista e riformista, lavorando su una strada alternativa, e quasi contrapposta a quella del centrodestra. Senza risparmiare nessuno. Compreso Matteo Renzi. Il senatore toscano, tuttavia, non molla i suoi paletti: “Io sono affezionato al centrosinistra che conoscevo io, quando non c’erano i populisti grillini”. I leader di Iv, che non sarà semplice osservatore e che già ha lanciato l’amo del confronto non solo con Coraggio Italia, ma anche con lo stesso Salvini, lancia il ‘lodo Sassoli’: “Ascoltare le ragioni degli altri è un buon metodo per eleggere il presidente della Repubblica. Che non è un giocatore, è l’arbitro e serve che sia imparziale”.