Per il leader dem è solo un primo passo, ma assolutamente necessario. 66 i voti in suo favore, contro i 24 ottenuti dalla sfidante Marianna Madia

“Sembrava impossibile dieci giorni fa, ora ci siamo”. Enrico Letta, a sera, su Twitter, esulta per il risultato raggiunto. Debora Serracchiani è appena stata eletta capogruppo Pd alla Camera: 66 i voti in suo favore, contro i 24 ottenuti dalla sfidante Marianna Madia. Dopo l’elezione di Simona Malpezzi alla guida dei senatori, gongola il segretario dem, ora ci sono “due donne, brave e competenti, alla testa dei gruppi. Saremo un’ottima squadra”. Dopo le ‘scintille’ dei giorni scorsi – l’ultimo scambio di lettere indirizzato ai deputati è di poche ore prima del voto – il confronto è stato franco. Nessuna unanimità, ma nemmeno “nessun putiferio – rimarca Letta – Due uomini avrebbero discusso allo stesso modo. Non è che volano stracci perché sono donne”. Serracchiani condivide: “Che ci sia stata una competizione nel gruppo è una novità ma anche un fatto positivo. Ora il gruppo sarà compatto”, dice ringraziando il segretario per aver dato “la scossa” giusta. Madia augura buon lavoro alla ‘rivale’, ma aggiunge: “Adesso costruiamo insieme che questo è un gruppo parlamentare”.

Per il leader dem è solo un primo passo, ma assolutamente necessario. “La situazione del Pd che ho trovato è una situazione così incrostata di maschilismo che servivano gesti forti. C’è bisogno di una cura choc, i prossimi passaggi andranno in questa direzione”, assicura. In questo senso, toccasse ancora a lui ricoprire i panni del segretario nel momento fatidico di mettere nero su bianco le liste elettorale, l’impegno è quello di “non fare giochini per aggirare la legge” e diminuire la presenza delle donne.

Di più. Letta rivendica il suo essere un “fiero oppositore” delle liste bloccate e un sostenitore della libera scelta dei cittadini. “Dobbiamo tirar fuori le migliori energie e lasciar fuori le cooptazioni correntizie”, è il refrain. Tradotto in meccanismi elettorali significherebbe preferenze o, per lo meno, ‘parlamentarie’. Il cantiere delle riforme, comunque, il segretario lo ha appena aperto. Dopo aver parlato delle possibili modifiche dei regolamenti parlamentari (come ad esempio quella contro i cambi di casacca) e della possibile introduzione della sfiducia costruttiva con Antonio Tajani, Letta affronta il dossier anche in un “lungo e positivo” incontro con Giorgia Meloni. Il segretario dem aveva chiesto un incontro alla leader dell’opposizione nei giorni scorsi e lei lo riceve negli uffici FdI di Montecitorio. Il clima, riferiscono dal Nazareno, è “positivo e cordiale, ferme restando le differenze che esistono in natura tra forze politiche alternative”. Comune è l’impegno sui temi concreti e sulle risposte da dare contro l’emergenza Covid, specie alle categorie più colpite dalle chiusure. I due affrontano anche il dossier che ha a che fare con il funzionamento della democrazia: a confronto ci sono uno dei leader più rappresentativi e “che più incide nel Governo e nella maggioranza” e ‘l’unica’ voce dell’opposizione. La regolare dialettica, fanno notare da FdI parte anche dal rispetto della legge che assegna alla opposizione la presidenza del Copasir e delle altre posizioni di garanzia. Il segretario dem esprime “sensibilità ” e si dice intenzionato a sottoporre la questione agli altri interlocutori della maggioranza.

C’è poi il capitolo riforme. Letta, raccontano da FdI, mette sul tavolo anche la riforma della legge elettorale. “Non è una priorità”, ribatte Meloni, che però si dice “coerentemente e tradizionalmente” a favore del sistema maggioritario che determini un Governo stabile. Letta concorda sul maggioritario. L’idea è quella di concentrarsi “selettivamente” su riforme “mirate e fattibili” in quest’ultima parte di legislatura. Sulle regole del gioco, però, è difficile mettere tutti d’accordo. “Andremo a votare con il Rosatellum bis – insiste Radio Transatlantico – la legge elettorale non cambierà”.

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