Zingaretti: "Non scompaio, il mio un atto d'amore"

Un partito nel caos, ingoiato dal turbinio delle correnti. Nicola Zingaretti non fa passi indietro sulle sue dimissioni che reete sono “irrevocabili” e avverte “non scompaio con le mie idee. Ho voluto dare una scossa quando ho percepito che il partito si poteva bloccare in dinamiche interne. Il mio è un atto d’amore”. Quindi domenica molto probabilmente tornerà a ricoprire il solo incarico di presidente della regione Lazio, lasciando il Partito democratico a un reggente. Una patata bollente, difficile da maneggiare un po’ per tutti, anche perché il segretario dimissionario lascia un partito che, fino a prova contraria, comunque segue in maggioranza una linea, la sua. E sono in molti all’interno del Nazareno a non voler disperdere questa eredità. La vera incognita resta il nome che l’assemblea dovrà scegliere molto probabilmente come reggente e il volto per il dopo Zingaretti, potrebbe essere quello di Roberta Pinotti, di area vicina a Dario Franceschini, o di Piero Fassino. A tirarsi fuori dal totonomi è invece Enrico Letta: “Con sorpresa ho letto il mio nome sui giornali come possibile nuovo segretario del PD. Io faccio un’altra vita e un altro mestiere”. L’ex capo del Nazareno poi lancia il suo sostegno all’uscente: “Quel che penso è che l’Assemblea tutta debba chiedere a Nicola Zingaretti, al quale va la mia stima e amicizia, di riprendere la leadership”.Letta non è l’unico. “L’Assemblea del Pd deve confermare la linea politica di Nicola Zingaretti, non vedo un’alternativa al campo progressista con il M5S e Leu anche perché non stiamo parlando dei grillini di un anno fa ma di una forza politica che oggi è ancorata nell’europeismo”, incalza il sindaco di Bologna, Virginio Merola. Che continua ad augurarsi che l’Assemblea respinga le dimissioni, ma “non credo lo farà”. “Nicola ha tolto il Pd dall’isolamento, ha riportato il Paese in Europa, la pandemia è stata gestita più che dignitosamente, e si era cominciato a ridurre la tassazione, in particolare ai lavoratori. Dunque la linea politica di Zingaretti è quella giusta ora e per il futuro”, scandisce. Francesco Boccia invece non ha dubbi: “La lettera drammatica e cruda al tempo stesso, impone una scossa costruttiva al partito, per riportarci alla discussione sui valori su cui sono nati l’Ulivo prima e il PD poi”. Al fianco del segretario anche Maurizio Landini che si dice “colpito” del post in cui Zingaretti ha annunciato le dimissioni. “Si capisce davvero come sia urgente un processo di rigenerazione e ricostruzione della politica, non solo della sinistra politica”, aggiunge.E’ infatti il sistema alleanza e prospettive al centro del dibattito di un partito che aveva ingranato la risalita, ma che con il governo Draghi sta subendo uno stop. Lo evidenzia senza mezzi termini Nicola Fratoianni, all’opposizione dell’esecutivo di unità nazionale con Sinistra italiana, che sentenzia: “C’è una cosa chiara è che il governo Draghi ha terremotato l’alleanza Pd, M5S e sinistra. Oggi quell’alleanza è necessario ricostruirla a partire dalle scelte concrete, da un’idea di Paese, dalle prossime elezioni amministrative. Noi ci siamo”. Chi avrà in mano le sorti del Pd nei prossimi mesi avrà anche il compito di gestire gli appuntamenti elettorali su cui si ‘auspica’, soprattutto nel Movimento 5Stelle, un sodalizio chiaro e forte col Nazareno. Da Roberto Speranza arriva ancora la richiesta di una svolta in questo senso: “Attorno a grandi temi c’è lo spazio per rifondare una sinistra larga e plurale. Le soggettività politiche esistenti si stanno dimostrando insufficienti per rispondere alla domanda di protezione che viene dalla società. Il Pd ha mostrato i suoi limiti, ma anche le esperienze costruite al di fuori del Pd non hanno raggiunto gli obiettivi”.

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