Verso la 'grazia' agli espulsi del MoVimento

Non è un ‘condono’ né una ‘grazia’, ma Beppe Grillo sta ragionando sul serio sul reintegro di alcuni espulsi. L’idea gli ronza in testa da giorni, ma le strade che ha davanti sono due: utilizzare il suo ruolo di garante, che gli consente di avere l’ultima parola anche sulle sanzioni, oppure riaprire le porte – non a tutti – con una nuova associazione, un nuovo Statuto e, probabilmente, un simbolo rinnovato. Nel primo caso avrebbe mani completamente libere, mentre sulla seconda ipotesi non potrebbe prescindere dal parere di Giuseppe Conte, che proprio ‘L’Elevato’ ha scelto come leader per rilanciare i Cinquestelle.

L’ex premier si è messo subito a lavoro, vuole studiare le carte, soprattutto quelle relative a pendenze e contenziosi in atto. Le risorse servono sempre, soprattutto adesso, ma non vuole farsi trascinare, nel caso in cui fosse indicato come legale rappresentante, in battaglie giudiziarie del passato remoto (vedi la causa per la proprietà del simbolo intentata dai membri della prima associazione, quella del 2009, pendente a Genova), né in quelle del passato prossimo (le espulsioni di chi non ha votato la fiducia a Draghi). Per questo – dicono i bene informati – avrebbe chiesto a Grillo la garanzia di ‘mani libere’, una formula che ha valenza sia politica (“non farsi picconare se qualcosa non andrà a genio al co-fondatore”, suggerisce una fonte), sia in punta di diritto. Magari con l’uscita di Beppe dallo Statuto o, al massimo, un’inversione di ruoli: carica onorifica per l’attuale garante, ruolo operativo a Conte. E qui si innesta l’altro dettaglio dirimente, perché il Comitato direttivo si trasformerà in segreteria politica, nella quale dovrebbero entrare i big in rappresentanza delle varie anime. In primis Luigi Di Maio, grande sponsor dell’operazione Conte, che ha lavorato di cesello per convincere prima Grillo e poi lo stesso ex premier che questa era l’unica strada percorribile.

Non solo, il ministro degli Esteri da tempo batte sulla necessità che il Movimento si doti di una struttura territoriale e regole di convivenza interne, con tanto di gerarchie. Magari sostituendo i ‘gazebo’ dei partiti tradizionali con formule di democrazia diretta. E qui si apre il capitolo Rousseau. Secondo quanto trapela, infatti, le pendenze ammonterebbero a circa 400mila euro, che l’associazione presieduta da Davide Casaleggio (assente domenica al vertice) chiede giustamente di sanare. Ma con la nuova forma-partito, i Cinquestelle dovranno decidere cosa fare della piattaforma. L’idea che circola è chiudere il legame politico trasformandolo in un contratto di servizio, il meno oneroso possibile, forse a ‘gettone’ ogni qualvolta servirà una votazione online. Ma con un controllo diretto della segreteria politica.

Conte, inoltre, dovrà dire se vuole abbattere il Totem dei due mandati e scegliere una ‘famiglia’ europea, che probabilmente sarà il Pse. In Italia, invece, l’ex capo del governo dovrà aggregare le varie anime pentastellate, non tutte soddisfatte che “ancora una volta ha deciso il ‘caminetto’ mentre noi siamo stati esclusi”. In quest’ottica sarà importante avere il supporto di Di Maio come di Stefano Patuanelli, Paola Taverna, Riccardo Fraccaro e gli altri big. Compreso Roberto Fico, che infatti dà il “benvenuto, Giuseppe”. Per il presidente della Camera è “un fatto positivo e un dato di grande valore che Conte abbia dato la disponibilità a elaborare un progetto rifondativo con il M5S”. Indicandogli la strada: “Tutela dell’ambiente, difesa dei più deboli, legalità, beni comuni”, che sono “temi importanti e sensibilità comuni”. Cita non a caso Beppe Grillo e la transizione ecologica, il pilastro su cui si fonda l’appoggio al governo Draghi ma anche la rinascita pentastellata. E pace se le ironie tra i parlamentari si sprecano: “Saremo il Partito pentocratico”, ironizzano. D’ora in poi, sarà pane quotidiano di Conte. Se il matrimonio si consumerà.

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