Previsti in mattinata gli incontri con le due delegazioni, lunedì mattina l'ex presidente della Bce vedrà le parti sociali
Si chiama fuori Giorgia Meloni, indecisa tra il no e l’astensione, ma il secondo giorno di consultazioni conferma i sì a Mario Draghi: sono quelli di Pd, Italia Viva, e Forza Italia. Leu storce il naso all’eventualità di trovarsi al tavolo con i sovranisti, mentre il M5s chiama in campo Beppe Grillo per dirimere la diatriba tra la voglia di rimanere fedele a se stesso e quella di rimanere rilevante.
Insomma, se sembra ormai certo che il governo Draghi si farà, il punto è come. Perché a conti fatti Renzi è l’unico ad assicurare che Iv sosterrà il governo “indipendentemente dal nome dei ministri e da quanti tecnici e quanti politici”. Del Mes non v’è più traccia, ma del resto, “ci sono 209 miliardi che saranno spesi da Mario Draghi e non da altri, ciascuno di noi, andando a casa, per questo, si sentirà meglio”. Nicola Zingaretti ribadisce la fiducia all’ex Bce ma “abbiamo anche espresso le nostre preoccupazioni e in parte le nostre proposte”. Insomma “piena disponibilità”, ma non a tutti i costi: “Invieremo nelle prossime ore un documento per un programma di Governo forte, di lunga durata”. Lunga durata ovvero 2023, perché il timore di tornare alle urne anzitempo dopo essersi imbarcati in un’esperienza politicamente rischiosa – il governo con tutti, o Ursula che dir si voglia, comunque almeno con Forza Italia e sembra pure con la Lega – preoccupa molti.
La rassicurazione arriva con le parole di Giorgia Meloni: “Abbiamo chiesto al premier incaricato se il suo sarà un governo a termine, che consenta di riportare al voto gli italiani a giugno. Non è così, l’orizzonte è più lungo, di legislatura”. Ma per la leader di FdI non basta a sedersi al tavolo. Diversa la posizione di Salvini: “A me piacerebbe che nel Governo ci fossero tutti, mi dispiace che altri mettano veti”. Ed esserci significa per il Carroccio prendere parte all’esecutivo: “Non sono per le mezze misure: se sei dentro, sei dentro e dai una mano, ti prendi onori e oneri. Se stai fuori, stai fuori”, dice il Capitano, che dovrebbe però saltare il giro nel ‘totoministri’ a favore di Giancarlo Giorgetti, che con Draghi peraltro ha un ottimo rapporto. Dal ‘governo di tutti’ di Salvini, Forza Italia restringe il perimetro al “governo dei migliori”, assicura Antonio Tajani: “non è una nuova maggioranza politica”, frena. Salta l’incontro Silvio Berlusconi, che però con il premier incaricato ha avuto una lunga conversazione telefonica.
Il nodo da sciogliere resta quello del M5s: per ricompattare le truppe arriva a Roma Beppe Grillo che oggi guiderà la delegazione all’incontro ma prima farà il punto con ministri, capigruppo e Vito Crimi. Riunione che vedrà anche la partecipazione del premier dimissionario Giuseppe Conte. E se Davide Casaleggio preme per il voto su Rousseau, per molti è il comico genovese a fare da garante della situazione. Prende tempo anche Leu: “Ci esprimeremo in secondo giro in base a perimetro programma”, spiega Federico Fornaro.
E Draghi? Il presidente della Bce usa il suo solito metodo. Ascolta tutti, prende appunti fitti – con la Bic, mica con chissà quale marca costosa, registrano gli agiografi mentre su Twitter spopolano gli hashtag #Draghifacose e #quellavoltacheDraghi – ogni tanto controlla qualcosa sull’Ipad, si fa fotografare serissimo a ogni giro di incontri. Parla poco, bisbigliano fuori dalla sala della Biblioteca della Camera, più che altro vuole sapere idee, richieste, condizioni, proposte.
Oggi, dopo gli incontri con Lega e M5s, potrebbe aggiornare il Colle, poi lunedì mattina incontrare le parti sociali – sono preallertati Confindustria e sindacati – e subito dopo iniziare un nuovo giro con i politici. “Dobbiamo ancora capire che cosa ha in mente”, dicono nei corridoi dove i big dei partiti sperano nel modello Ciampi e un posto nell’esecutivo: in quel caso in pole ci sono Luigi Di Maio (ma agli Esteri si fanno anche i nomi di Giampiero Massolo, oggi presidente Fincantieri, e Elisabetta Belloni), e poi Giancarlo Giorgetti, gli uscenti Francesco Boccia, Dario Franceschini, e Roberto Speranza (senza Leu, invece, potrebbe arrivare alla Salute Ilaria Capua). Per l’economia i nomi sono sempre quelli di Fabio Panetta – oggi in Bce, prima Bankitalia – o del direttore di palazzo Koch Daniele Franco. Per il Lavoro i rumors parlano dell’ex Istat Enrico Giovannini, per il Mise il vice presidente della Bei, Dario Scannapieco. Ma chissà sugli appunti di Draghi cosa c’è scritto.
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