Intervista al governatore piemontese Alberto Cirio
"La ripartenza del Piemonte? Le scelte devono essere omogenee per aree geografiche. Io parlerò con Fontana nei prossimi giorni perché è evidente che le scelte lombarde influenzano il Piemonte, come le scelte piemontesi influenzano quelle della Lombardia. Abbiamo aree che convivono. Come si è stati omogenei nelle misure di contenimento, bisogna essere omogenei anche nelle misure di riapertura". Alberto Cirio, il governatore della Regione Piemonte, parla piano e chiaro intervistato da LaPresse. Vuole ripartire, anche lui, ma usa toni e modi diversi rispetto ad altri colleghi presidenti. "Stiamo studiando i flussi. Li stanno studiando il comitato scientifico e l'Amedeo di Savoia, il professor Di Rosa e il professor Diperri. Noi vogliamo essere certi che l'emergenza sia finita davvero. Contestualmente, siamo pronti a presentare il modello Piemonte. E' stato elaborato con il Politecnico e ci può far pensare di ripartire anche con alcune attività già da maggio, con criteri scientifici che vanno attuati nelle aziende. Io resto per la linea del rigore, le misure resteranno fino a quando ci sarà emergenza. Va tutelata la salute, si immagini cosa sarebbe successo se avessimo fatto giocare Juventus-Milan…".
DOMANDA. La sensazione però è che le Regioni viaggino in autonomia rispetto alla pianificazione del Governo. La task-force di Vittorio Colao si è lamentata…
RISPOSTA. Ognuno deve mettere in campo il meglio che ha. Noi in Piemonte abbiamo una classe imprenditoriale che sa cos'è la responsabilità sociale d'impresa senza bisogno che qualcuno lo insegni. Le nostre aziende hanno pensato ben prima del coronavirus alla sicurezza e al benessere dei lavoratori. Poi noi abbiamo il Politecnico. Ecco, io non voglio imporre nulla, io presento un modello che mette d'accordo i migliori imprenditori d'Italia e una delle istituzioni universitarie migliori d'Europa. Il nostro modello lo mettiamo a disposizione anche della task-force istituita a Roma. Ripeto: io però credo nell'omogeneità geografica delle scelte.
D. Quando sarà pronto questo modello Piemonte?
R. E' già pronto, la parte teorica è chiusa. Martedì abbiamo fatto l'ultima riunione e lo abbiamo acquisito. Ora deve essere attuato. Abbiamo le regole, adesso va applicato per tipologia di aziende.
D. Restiamo al tema imprese. Riesce a quantificare il danno economico?
R. Non potrei mai dire un numero abbastanza alto. Questo è un danno paragonabile a un evento bellico, a un bombardamento. Senza dimenticare che in guerra la gente moriva per la fame più che per le bombe in testa.
D. Torniamo all'emergenza sanitaria. L'accusa che le rivolgono è duplice: pochi tamponi e poco personale.
R. Ho fatto con quello che mi hanno lasciato a livello di sanità, ho fatto con l'esercito che c'era. La sanità piemontese aveva e ha delle grandissime carenze. E' pressoché inesistente la medicina territoriale, quella che fa la prevenzione. Mancava proprio il sistema, invece questa crisi dimostra che curare le persone a casa e mettere una serie di reti prima del ricovero ospedaliero è fondamentale. Io ho ereditato una sanità che aveva due laboratori che facevano i tamponi, il Veneto ne aveva 14. In poche settimane ne abbiamo aggiunti 18 e adesso siamo a 20. Abbiamo comparato 12 macchinari americani che servono per processare i test… E poi gli addetti. Erano 450 per i Sisp, ne abbiamo 760. Sono state assunte 1700 persone per gestire questa crisi. Io non mi sono mai lamentato, faccio il presidente della Regione e sono pratico, oggi però puntualizzo, perché sentire critiche da parte chi questa sanità l'ha governata negli ultimi 5 anni e me l'ha consegnata così credo che non vada bene.
D. Le Rsa sono un problema doloroso…
R. E' un tema che c'è in Piemonte, in Italia, in tutto il mondo. Ed è di assoluta delicatezza perché riguarda i nostri anziani. Il 22 di febbraio ho costituito un'unità di crisi coinvolgendo medici e protezioni civile; il 23 di febbraio la mia ordinanza, firmata anche dal ministro Speranza, dedica un articolo specifico e dettagliato per le prescrizioni di tutti i centri di accoglienza. Prescrizioni rigorose. Il livello di attenzione c'è e c'è stato fin dall'inizio. Abbiamo approvato un protocollo Regione, Province, Comuni e prefetture per non lasciare sole le Rsa.
D. Arriveranno 5 milioni di mascherine: diventeranno obbligatorie?
R. Nella nuova normalità, io la chiamo così, il mondo non sarà più come prima. Dovremo convivere con il virus. E farlo in sicurezza. Con le mascherine, ma non solo.
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