L'invito del Presidente a essere “l’Italia che ricuce” e che “dà fiducia”

Sergio Mattarella ci parla in una sera dell’ultimo dell’anno a partire dal mondo dei social in cui in tanti, ormai, viviamo gran parte della nostra esistenza. È forse il primo Presidente della Repubblica che comincia da Internet per rivolgere il suo augurio agli italiani. E lo fa cogliendo, insieme, gli aspetti positivi e quelli negativi del mondo “social” in cui siamo immersi. E il capo dello Stato ci parla di “comunità”, della necessità di sentirci e di pensarci come una società di persone che vivono in una realtà e in un futuro comune. Per questo, nota, ci vuole rispetto reciproco e, “nel battersi per le proprie idee, rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza che creano ostilità e timore”. È proprio questo il punto su cui Mattarella (dimostrando di conoscere bene il mondo dei social) ci chiede di riflettere e utilizza la chiave dei buoni sentimenti quasi per respingere quell’aggressività che, oggi, porta molti ad attaccare il prossimo sui social utilizzando la parola “buonismo” come insulto. “In altre parole – dice il capo dello Stato – non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società”.

Un discorso che, forse, non piacerà proprio a coloro che in questi anni hanno utilizzato l’insulto “buonista” contro chi invoca solidarietà, capacità di accoglienza, capacità di incontrare gli ultimi nei luoghi “più remoti”, nelle periferie, nei “luoghi di solitudine”. Un discorso che non piacerà a chi non si è accorto che (“per errore”, ovviamente) stava tranquillamente tassando “la bontà”. Mattarella lo afferma apertamente e chiaramente, e altrettanto chiaramente dice, a proposito del Bilancio dello Stato appena approvato e da lui promulgato, quello che è sotto gli occhi di tutti: abbiamo evitato la procedura d’infrazione europea e questo è un bene, ma il dibattito è stato compresso e reso asfittico dalla fretta. E questo non va bene e andrà recuperato nei prossimi mesi con il giusto confronto in Parlamento e con le parti sociali.

Confronto su tanti temi che, evidentemente, per ora, il governo non è riuscito a risolvere neppure con le leggi “che aboliscono la povertà” e con un bilancio che, solo alla fine, siamo riusciti a mantenere nei confini di quello che l’Europa ci chiede. E Mattarella ricorda che non si tratta di imposizioni ma di “patti liberamente sottoscritti”.

E c’è – al di là delle commoventi vicende della signora Anna che, a 90 anni chiama i carabinieri perché “si sente sola” e che, Mattarella utilizza per restituirci un’immagine amichevole e di servizio delle nostre forze dell’ordine – un altro tema che forse, in questi anni è stato un po’ calpestato e che il capo dello Stato sembra voler ricondurre alla nostra attenzione. Il tema della competenza, del lavoro, dell’ingegno che hanno permesso al nostro Paese di dotarsi di leggi avanzatissime come quella (la 833 del 1978) che istituì il Servizio Sanitario Nazionale e che chissà se oggi (se non esistesse) saremmo capaci di scrivere. Sembra una risposta, quella di Mattarella, alla banalizzazione e al trionfo dell’ignoranza come clava di appiattimento (non uguaglianza, che resta sacrosanta) sociale. Mattarella insiste su parole come studio, fatica, impegno, fiducia… Tutta roba di cui, oggi, si sente la mancanza.

Ed è passando anche dai recenti fatti di Milano e dall’assurda logica dell’odio ultras, che il Capo dello Stato ci invita a essere “l’Italia che ricuce” e che “dà fiducia”. C’è chi risponderà che non gliene frega niente e chi, forse, un pensiero su come ritornare a essere comunità proverà ancora, con la pervicacia di sempre, a portarlo avanti.

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