Conte, Di Maio o Salvini non sbagliano un colpo. Nella comunicazione del premier e dei suoi vice si nota una lunga preparazione, sia che si tratti di parlare alla piazza, sia che si trovino davanti una telecamera o l'obiettivo dei social network
All'orecchio esperto non sarà sfuggito che, quando intervengono pubblicamente, quasi mai Giuseppe Conte, Luigi Di Maio o Matteo Salvini sbagliano un colpo. Nella comunicazione del premier e dei suoi vice si nota chiaramente una lunga preparazione, sia che si tratti di parlare alla piazza, sia che si trovino davanti una telecamera o l'obiettivo dei social network. Della macchina della comunicazione M5S si è detto e scritto ormai tutto, anche della mitologica 'stanza dei video' alla Camera, con telecamere e sistemi di montaggio degni di uno studio televisivo. Ma la strumentazione tecnica è solo uno dei segreti del successo comunicativo Cinquestelle. O, almeno, di quello dei suoi big.
Dietro a una dichiarazione di Di Maio c'è un gran lavoro che valorizza gli sforzi del capo politico: dalla 'manina' sulla Pace fiscale ai rider, dai "prenditori" ai corrotti: le parole chiave funzionano. Che dire, poi, di Salvini. Il ministro dell'Interno sembra avere un 'manuale di istruzioni' segreto, che gli permette di dosare ogni sua parola in funzione del consenso. È 'la bestia', la macchina infallibile dei social, che trasforma ogni tiro in un gol. Dai migranti alla giustizia, dalla difesa degli arbitri delle serie minori alle immancabili foto sui profili Facebook e Instagram, gattini inclusi, passando per le dirette quotidiane. Finanche le vicissitudini amorose della sua vita privata riescono a creare empatia con gli elettori, spiegano i sondaggi.
Oltre i leader di governo, però, il meccanismo si inceppa. I rumors sui mal di pancia del ministro Paolo Savona sono solo l'ultimo capitolo. Prima ancora ci sono stati gli scivoloni del responsabile del Mit, Danilo Toninelli, e le voci sull'avvicendamento con la sottosegretaria al Mef, Laura Castelli, prontamente smentite dalla diretta interessata. Senza contare i silenzi di Giovanni Tria, diventati oggetto di una satira spassosissima da parte di Maurizio Crozza. O le uscite del titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, che invita a "non essere ottusamente chiusi" verso i migranti economici, contraddicendo di fatto la linea del Viminale. Per non parlare dell'immancabile Giancarlo Giorgetti: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il cui nome compare sempre nella 'lista dei sospettati' ogni qualvolta c'è un intoppo nella maggioranza. E che mentre il Capitano giura che il governo durerà cinque anni, scherza davanti agli atleti al Coni: "Non so se nel 2020 sarò ancora al governo". Insomma, se ai piani alti del governo tutto funziona bene, qualcosina va sicuramente rivista nella squadra. Ma guai a parlare di rimpasto, quella è roba da prima Repubblica.
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