Dalle mani dell'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio passano i dossier più caldi del governo e i provvedimenti più cari alla Lega. A lui piace trattare con tutti, da destra a sinistra. Se c'è una rogna si chiama lui: è il braccio destro insostituibile per il vicepremier

Se Salvini è 'Il Capitano', Giancarlo Giorgetti di sicuro è il 'vice-Capitano'. Forse qualcosina in più, addirittura. Dalle mani dell'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio passano i dossier più caldi del governo, ma soprattutto quei provvedimenti che sono l'assicurazione sulla vita e la crescita della Lega.

Perché Giorgetti ha una grande qualità, quella di saper stare al mondo (della politica) e adattarsi ai consessi cui prende parte. E a tutti piace trattare con lui – da destra a sinistra -, nonostante possa apparire burbero, scontroso, algido, distante. Chi lo conosce bene sa che è una maschera. La sua mente è concentrata 24 ore su 24, ascolta e registra tutto, elabora a velocità supersonica, capisce e valuta quali idee vale la pena seguire, studiare, approfondire e quali, invece, non prendere nemmeno in considerazione. Da buon lùmbard, non si perde mai in chiacchiere. Se c'è una rogna da risolvere, "si chiama il Giorgetti". Uno e trino, il suo telefono è sempre acceso. Per Salvini, è un braccio destro quasi insostituibile, anche se spesso gli fa salire il nervoso perché è uno dei pochi 'autorizzato' a contraddire il leader, senza correre il rischio di venire 'mangiato vivo'. Nonostante sia consapevole di questa libertà, il buon Giancarlo non ne approfitta: "Bisogna stare attenti a fargli una critica", rivelò qualche mese fa in televisione, "ci sono delle tattiche per fargliele arrivare…".

Di sicuro, la titolarità di questo 'lusso' se l'è guadagnata sul campo. Confermandola ogni giorno che passa di questa nuova avventura di governo con il Movimento 5 Stelle. Il ministro dell'Interno gira come una trottola per l'Italia, tra appuntamenti di lavoro, ospitate televisive e impegni istituzionali: dietro a tutto non può materialmente e fisicamente stare. E l'unico a cui delega parte delle sue responsabilità è ovviamente Giorgetti, 'il bocconiano'. Che infatti tesse la tela dell'azione politica leghista, organizzando un presidio fisso e para-militarizzato delle commissioni parlamentari con un altro graduato della truppa verde, il sottosegretario Nicola Molteni, diventato ormai gli occhi e le orecchie del 'Richelieu' leghista.

La formula è vincente, stando almeno ai fatti. L'esempio più lampante è la forza con cui il decreto Sicurezza sta passando come una ruspa sui tentativi di ostruzionismo delle opposizioni e sul dissenso interno ai Cinquestelle. Già, i 'contraenti' di governo. Con loro è difficile il rapporto, ma non impossibile. Finora, ogni volta che c'è stato qualche inghippo o 'manina', il nome di Giorgetti è saltato magicamente fuori nei retroscena, per poi essere smentito in chiaro una volta rientrata l'emergenza. È accaduto ad esempio con i retroscena sulla Pace fiscale, dopo la denuncia televisiva del capo politico pentastellato, Luigi Di Maio. Si è ripetuto anche ora con l'emendamento al ddl Anticorruzione sul peculato. Va detto che stavolta il ministro dello Sviluppo economico – in chiaro – lo ha difeso, escludendo che i suoi abbiano puntato il dito contro il 'vice-Capitano'. Che anche stavolta l'ha presa con filosofia (almeno ufficialmente): "Con tutto quello che c'è da fare, figuriamoci se mi metto a far scoppiare le crisi…".

Tra riforma del Coni, manovra, pace fiscale, conti pubblici, Europa, Lega, reddito di cittadinanza da vivere come protagonista dietro le quinte, effettivamente la sua agenda è piena. E le spalle larghe. Ma anche al nord vale il motto dell'intramontabile Totò: ogni limite ha una pazienza…

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