"Siamo responsabili". Ma avverte: "Se si tratta di difendere gli italiani non siamo disposti a rinunciare a nulla". Di Maio: "Credo ci siano margini per il confronto". Tria: "Sdrammatizzare nell'interesse di tutti"

Da una parte la strategia del dialogo, con i quotidiani tentativi di mediazione portati avanti dal presidente del Consiglio e dal ministro dell'Economia e l'obiettivo di ottenere tempi più lunghi possibili nell'interlocuzione sull'eventuale procedura di infrazione. Dall'altra i vicepremier che non siedono al tavolo della trattativa ma fanno sentire la loro voce con toni decisamente forti. Così, c'è stato appena il tempo di far arrivare a Bruxelles le parole di Conte in aula alla Camera, pronto a inviare in Europa "una replica ben articolata e esaustiva", e ad aprire alla "rimodulazione" di alcuni punti della manovra durante l'esame in Parlamento, se dovessero aumentare gli effetti positivi sulla crescita, "senza alterarne la ratio e i contenuti".

Subito di messaggio ne è partito un altro, quello di Matteo Salvini che da un comizio a Nuoro ha gridato che "gliela mandiamo noi la letterina all'Europa, dicendo che ci ha rotto le scatole con le manovre che in questi vent'anni hanno distrutto la nostra agricoltura, la nostra industria…". E anzi: "Sapete che dicono che non posso toccare la legge Fornero? … Fosse l'ultima cosa che faccio, quella legge ingiusta e infame la smonto".

Insomma, il nervosismo non accenna a scemare. Certo, in Europa sono ormai abituati ai toni dei politici italiani, e del resto anche il commissario Ue Pierre Moscovici giovedì aveva insinuato che "non può esserci una trattativa da mercanti di tappeti". Beccandosi subito la reprimenda del leader leghista: continua a insultare l'Italia, ma il suo stipendio è pagato anche dagli italiani. Ora basta: la pazienza è finita". Più moderato e allineato con la posizione di Conte l'altro vicepremier, Luigi Di Maio: dall'Ue, ha detto, "non ci devono chiedere di tradire gli italiani, perché io non li tradisco". Detto ciò, "ci sono ancora i margini per un dialogo e un confronto" ma senza chiedere "di fare macelleria sociale".

Nell'informativa a Montecitorio, fortemente criticata dalle opposizioni e anche da qualcuno nei banchi di maggioranza che l'ha considerata troppo debole, il premier lo ha detto chiaramente: "spiegheremo che non abbiamo raccolto le raccomandazioni sulla riduzione del deficit perché non compatibili con lo stato congiunturale della nostra economia e con il nostro disegno di politica economica, più orientato alla crescita che non all'austerità". Poi ha svelato il suo piano: "Nel caso in cui l'Ecofin dovesse decidere di aderire" alla decisione della commissione Ue "chiederemo tempi di attuazione molto distesi".

Guadagnare tempo, insomma, con uno scopo evidente: "Ci tornerà utile a consentire alla manovra economica di produrre i suoi effetti sulla crescita e grazie a questo ridurre il debito pubblico". Una richiesta che potrebbe trovare d'accordo anche l'Europa, bloccata in questa querelle con il governo italiano in un momento di grande disaffezione – lo sa bene Salvini che insiste con il mantra "questa manovra non piace all'Europa ma piace agli italiani" – e con una campagna elettorale alle porte.

Nelle controdeduzioni che il governo invierà all'Ecofin, ma prima ancora alla cena che sabato avrà con Juncker e a cui parteciperà anche Tria, Conte illustrerà ancora gli effetti sulla crescita della manovra, puntando tutto sulla valenza del piano per gli investimenti, sono in arrivo 36 miliardi, le dismissioni, pari all'1% del Pil nel 2019, la semplificazione, su cui è in arrivo un decreto dedicato a lavoro, imprese e salute, la riforma dell'insolvenza e l'inserimento in manovra di un attento monitoraggio costante sugli effetti della stessa, politiche e riforme sono "perfettamente in linea con le raccomandazioni" della commissione Ue. E del resto anche l'inquilino del Mef ha ribadito che "il governo sta cercando di contrastare il rischio di una terza recessione", che "potrebbe avere effetti devastanti". 

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