Anche se Di Maio e Salvini hanno confermato fedeltà al governo e, nessuno dei due a parole, ha l'intenzione di staccare la spina, si è arrivati a un punto dove "o la va o la spacca"

Caldo, anzi caldissimo e non è per l'ottobrata romana. Il Consiglio dei ministri si preannuncia a 'tensione altissima', con la volontà di trovare un nome a quella 'manina' che ha modificato il decreto legge fiscale. Sotto accusa, da parte del Movimento 5Stelle, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti che, secondo Luigi Di Maio, è colpevole di non aver convocato il pre-consiglio, dove normalmente si legge per intero l'articolato dei provvedimenti, lasciando così cadere nell'ombra la modica incriminata. E' qui che secondo i pentastellati si sarebbe consumato l'inganno, una certezza avallata dalle parole del sottosegretario che giudica "assurdo non concedere l'ombrello di non punibilità per reati fiscali a chi accetta di venire allo scoperto e pagare".

Il lato verde dell'esecutivo però ha alzato un muro. La difesa al braccio destro di Matteo Salvini è praticamente granitica. Resta il fatto che Di Maio ha spiegato, con dovizia di particolari, che "durante il consiglio dei ministri sono stati enunciati i principi del dl" senza entrare quindi nei particolari e senza quindi avere il modo di leggere come poi sarebbe stato esplicato l'articolo 9 sulle disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale. Mentre Salvini ha accusato proprio Conte e Di Maio di aver letto, l'uno, e verbalizzato, l'altro, il testo del dl. Come per dire: Sapevano o non sanno leggere. Secca la risposta di palazzo Chigi che invece fa quadrato attorno al lato giallo del governo. Durante il Consiglio dei ministri che ha dato luce verde al dl fisco "è stato portato al presidente Conte un foglio contenente una prima traduzione tecnica dell'accordo politico: in pratica l'art. 9 sulla dichiarazione integrativa". "Non c'è stata quindi la verbalizzazione specifica del contenuto dell'art. 9, il cui testo, appena arrivato, andava comunque verificato successivamente nella sua formulazione corretta dagli Uffici della Presidenza" si precisa. La spaccatura è evidente, anche dal punto di vista della comunicazione.

Insomma anche se Di Maio e Salvini hanno confermato fedeltà al governo e, nessuno dei due a parole, ha l'intenzione di staccare la spina, si è arrivati a un punto dove "o la va o la spacca". Per questo il premier Giuseppe Conte ha deciso di indossare i panni di pacificatore, lasciando cadere quel 'comando io' lanciato come sfida da Bruxelles. L'appuntamento è fissato per le 13 a palazzo Chigi, ma prima, riferiscono fonti qualificate, Conte riunirà Salvini e Di Maio per un vertice a tre, durante il quale cercherà di ristabilire la calma e soprattutto concordare, da buon avvocato del popolo, un patteggiamento. "Il problema lo si risolverà. E' sorto un dubbio sulla traduzione tecnica dell'accordo politico che abbiamo fatto" ha assicurato lasciando il Consiglio Ue. Conte vuole mettere un punto su questa vicenda, che sta avendo dei risvolti 'allarmanti' sui mercati ancor più del 2,4 percento del rapporto Defict-Pil.  "Per quanto mi riguarda io porterò una questione tecnica – aggiunge – Escludo che sia una questione politica ma se ci fosse la affronteremo".
 

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