L'ex portavoce della segreteria di Matteo Renzi racconta a LaPresse la sua 'battaglia' per la conquista del Nazareno contro "notabilati e riposizionamenti" perché "senza credibilità" il Pd "va poco lontano"
La possibile (probabile) candidatura di Marco Minniti alla segreteria del Pd "migliora un sacco" la competizione, ma "nessuna discesa in campo" cambierà "l'esigenza di rivoluzionare il partito" che ha in mente Matteo Richetti, che a fare passi indietro non ci pensa proprio. Anzi. L'ex portavoce della segreteria di Matteo Renzi, impegnato a Modena per un'iniziativa politica, in attesa di essere domani a Salerno e domenica nella 'Piazza Grande' di Nicola Zingaretti, racconta a LaPresse la sua 'battaglia' per la conquista del Nazareno contro "notabilati e riposizionamenti" perché "senza credibilità" il Pd "va poco lontano". "Le candidature tattiche – è l'affondo – rischiano di uccidere il Pd. Se non capiamo che è l'ultimo appello per ricostruire un sentimento nel popolo del centrosinistra, il congresso è morto ancor prima di nascere".
Minniti molto probabilmente sarà della partita. Questo cambia qualcosa?
"Cambia moltissimo, migliora un sacco la competizione come ogni volta che si aggiunge una persona che ha idee e proposte. Dal mio punto di vista, noi stiamo costruendo un progetto per il Pd, per il Paese. E' una rivoluzione per il partito, un altro modo di fare politica quindi non è la discesa in campo di nessuno che cambia questa esigenza. Certo Minniti può rendere il confronto molto più bello e plurale… è una buona notizia".
L'ex titolare del Viminale è il candidato di Matteo Renzi?
"Secondo me state sbagliando ad approcciare a queste primarie con le categorie di cinque anni fa, nel senso che… i 'renziani'? io faccio fatica a definire cosa voglia dire. In tantissimi abbiamo sostenuto quell'esperienza e oggi secondo me il modo migliore per aggiornare la necessità di innovazione sulle politiche e sulle persone è mettere in campo una proposta nuova. Capisco la logica della semplificazione ma io sto parlando al popolo del Pd, non alle correnti del Pd. Non mi interessa, ecco."
Ecco, le correnti. Piazza del Popolo chiedeva 'unità', andando in giro tra i circoli cosa chiedono i territori?
"L'unità è una cosa bellissima e di cui abbiamo molto bisogno, ma unità non può far rima con ambiguità. Qui si stanno candidando tutti a promettere un partito nuovo e rinnovato, dopodiché se dietro ci sono solo riposizionamenti andiamo poco lontano. I nostri circoli chiedono una linea politica chiara, un'opposizione non fatta sulla storpiatura dei nomi dei ministri, ma sull'incalzare di cose gravissime che stanno accadendo: stanno andando in deroga al codice appalti, al codice antimafia, al codice per l'ambiente, cioè stanno devastando l'Italia. E chiedono una leadership che costruisca una classe dirigente nuova".
In tanti dicono che serve rinnovare il Pd…
"Immagino che tutti più o meno proporranno questo, però il problema è la credibilità nel fare queste cose. Il primo che dice che sui territori questo partito sconta delle logiche sbagliate, che sono da cambiare, come sto facendo io, si becca l'invettiva di tutti i notabilati locali. Questi notabilati locali a un certo punto si posizioneranno, sosterranno qualcuno: è quella la credibilità delle candidature in campo".
Bella una competizione 'plurale', però se nessun candidato raggiunge il 50%, il segretario si vota in assemblea: non un bel segnale per il popolo dem, forse…
"Il vero rischio è fare un congresso con la tattica. Io provo a farlo col cuore. Francamente non sono interessato alle percentuali, alla maggioranza in assemblea. Se non capiamo che è l'ultimo appello per ricostruire un sentimento nel popolo del centrosinistra di questo Paese e pensiamo a candidature tattiche per far sì che ci sia bisogno del mio pezzo per fare 51% il congresso è morto ancor prima di nascere".
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