La minaccia è chiara: un testo senza reddito di cittadinanza, pensione di cittadinanza, quota 100 e riforma della Fornero, risarcimento dei truffati dalle banche "non avrà i voti del m5s"
Tic tac, ogni minuto è prezioso quando è dietro l'angolo il 27 settembre, termine per la presentazione della nota di aggiornamento al Def e del quadro programmatico delle riforme, che costituiscono l'ossatura della legge di Bilancio. Ed è per questo che i tecnici – dei ministeri, di Chigi, dei partiti di maggioranza – lavorano senza sosta per cercare di mettere ordine nel puzzle di indicazioni che arrivano dalla politica, e far quadrare promesse e risorse a disposizione. Che il lavoro sia tutt'altro che concluso lo dimostra la convocazione di un vertice M55 tra Di Maio e i colleghi di governo pentastellati. La minaccia è chiara: "La nota al Def deve essere votata dal cdm e dal parlamento", quindi un testo 'non coraggioso' e senza Reddito di Cittadinanza, pensione di cittadinanza, quota 100 e riforma della Fornero, risarcimento dei truffati dalle banche non avrà i voti del m5s" minaccia il leader M5S parlando con i suoi. I contorni del quadro ormai sembrano chiari: una manovra più vicina ai 30 miliardi che ai 20 di cui si parlava quest'estate, con un rapporto deficit/Pil che dovrebbe attestarsi intorno al 1,8-1,9% invece di quell'1,6% su cui per settimane ha resistito il ministro dell'Economia Giovanni Tria.
La trattativa è ancora in corso, e non è detto che la soglia del 2% non possa esser superata successivamente, con le modifiche in Parlamento. "Per me non ha senso parlare solo di deficit – dice Di Maio – Si deve scommettere sulla crescita. Con l'11% di disoccupazione non possiamo che puntare sugli investimenti e sulla crescita di qualità". Resta il fatto che i partiti devono fare i conti con la realtà delle casse statali. L'attenzione del M5s, che teme di esser messo all'angolo dalla Lega che invece non ha mai mostrato particolare entusiasmo, si concentra in particolare sul reddito di cittadinanza.
Ed è proprio dal Carroccio che è arrivata la proposta di Guido Guidesi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, di condizionare l'erogazione al reddito Isee. Un po' come già avviene per il reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni, che vale circa 2,5 miliardi l'anno e che più volte Tria ha proposto ai pentastellati di 'trasformare' in reddito di cittadinanza, magari potenziandolo con 1-2 miliardi in più di dotazione. Troppo poco secondo il M5s, e Di Maio assicura che il reddito sarà introdotto da marzo 2019. Già da gennaio invece assicura l'innalzamento delle pensioni minime a 780 euro, e la riforma della legge Fornero sulle pensioni, tornata oggi oggetto degli strali del M5s: "Attacca la nostra riforma? Allora è giusta". Insomma, per Di Maio "si può contrattare quello che si è contrattato con l'Europa, lo abbiamo visto dalla Francia". Nessun 2,8% come Oltralpe perché "la nostra discussione è molto al di sotto", assicura il ministro Paolo Savona, però per il vicepremier grillino la ricetta è sempre quella: "possiamo decidere di proseguire nei tagli ai servizi oppure investire in un po' di deficit, cresce il Pil e ripaghiamo il debito. Il numero del deficit non è una sfida, è un'esigenza".
Sul fronte leghista, si continua a lavorare alle possibili formule età + contributi per la riforma pensionista, con la valutazione degli effetti delle possibili combinazioni. Caldo anche il fisco, con la pace – senza l'aiuto dei M5s che mal digeriscono il 'condono' – e una probabile riduzione delle accise sulla benzina che Salvini aveva promesso in campagna elettorale, e che potrebbe essere resa possibile dal maggior gettito dell'Iva.