Il premier incaricato dal governatore della Banca d'Italia a Palazzo Koch, poi vertice con Salvini e Di Maio. Conte non scioglierà la riserva prima di sabato

La situazione è molto più ingarbugliata di quello che sembra. La partita per la formazione del governo è assolutamente aperta e il clima tra i player in campo si sta facendo decisamente teso. Parlare di scontro con il Colle per la lista dei ministri è azzardato, ma in atto c'è di sicuro un braccio di ferro che rischia addirittura di far saltare gli equilibri.

Da un lato c'è il leader della Lega, Matteo Salvini, che non arretra di un centimetro sulla candidatura di Paolo Savona al Ministero dell'Economia, dall'altro c'è il Quirinale che preferirebbe invece un altro nome per la casella del Mef, viste le idee dell'economista molto poco concilianti con le istituzioni politiche ed economiche dell'Unione europea. Nel mezzo di questa contesa si sono ritrovati sia il Movimento 5 Stelle che il premier incaricato, Giuseppe Conte. Ufficialmente la linea pentastellata non cambia. "Siamo totalmente allineati alla Lega" su Savona, come dice off the record una fonte M5S molto autorevole. Spiegando in poche parole che non si può assolutamente rischiare di gettare alle ortiche tutto il lavoro fatto "proprio quando siamo arrivati fino a questo punto". Ovvero all'ultimo miglio del percorso che dovrebbe portare al governo del cambiamento, "il miglio più importante", sottolinea ancora la fonte. La delicatissima fase che sta vivendo la politica italiana costringe i Cinquestelle a ricoprire un ruolo inedito, quello dei pompieri per spegnere il focolaio che sta montando tra i lùmbard e i piani alti del Quirinale, come una cicca di sigaretta nel pagliaio.

Lontano dai riflettori Di Maio e i suoi più stretti collaboratori stanno provando a riportare Salvini a più miti consigli, magari optando per una rosa di nomi o addirittura per un cambio in corsa con un altro pezzo da novanta del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, il cui nome è circolato anche per Palazzo Chigi prima che si trovasse l'intesa su Giuseppe Conte. Tra l'attuale capogruppo dei Verdi alla Camera e il leader del suo partito, però, sembrano esserci state frizioni abbastanza forti nelle ultime ore, stando a quanto rivela una fonte parlamentare a taccuino chiuso. Il motivo dello scontro pare essere proprio il tentativo di Giorgetti di convincere Salvini a mettere da parte Savona. Questa mossa avrebbe insospettito e irritato il segretario federale, perché la soluzione non sarebbe affatto sgradita al Quirinale. A parziale conferma dello stato d'animo del neosenatore un brevissimo messaggio pubblicato sul suo profilo Facebook, nel quale scrive "Sono davvero arrabbiato", senza però specificarne il motivo. Dopo pochi minuti, tra gli oltre duemila like è comparso anche quello 'pesante' di Luigi Di Maio, sottolineando così la sua vicinanza all'altro attore del 'contratto' di governo. I segnali che qualcosa si fosse inceppato, in quello che sembrava un meccanismo quasi perfetto, si erano già rivelati poche ore prima, quando dalla Lega era filtrato un mood: non ci sono alternative a Savona e se dalla lista dei ministri dovesse 'magicamente' sparire il suo nome, allora il Carroccio sarebbe anche pronto a ritirare il suo voto di fiducia all'esecutivo. Molto probabilmente è di questo che avrà parlato Conte nel colloquio "informativo e interlocutorio" con il presidente della Repubblica.

A metà pomeriggio, infatti, il professore ha lasciato la sala del governo messa a sua disposizione alla Camera dei deputati ed è sparito dai radar, per poi ricomparire poco dopo all'ingresso del Quirinale, rigorosamente in taxi. In oltre un'ora di interlocuzione con il capo dello Stato, il premier incaricato gli avrà sicuramente riportato le posizioni granitiche dei due partiti, espresse e ribadite più volte dai leader nell'incontro avvenuto in tarda mattinata. Conte, infatti, non ha potuto fornire a Mattarella un orizzonte temporale entro il quale potrà risalire alla sala della Vetrata, sciogliere la riserva sull'incarico e comunicargli la lista dei ministri per il vaglio presidenziale. Perché in quel foglio, il nome di Paolo Savona sembra scritto con inchiostro indelebile. Salvini è consapevole che se cedesse proprio ora il suo peso specifico all'interno della maggioranza diminuirebbe in maniera esponenziale, ecco perché non cede sul punto. Per non rischiare di finire tritato da una linea di politica estera ed europea che sente lontana migliaia di chilometri dalla sua. Proprio i chilometri che ha messo tra sé e la politica, rintanandosi nella sua Milano, con i figli, facendo però sapere di essere pronto a rientrare a Roma immediatamente se i veti quirinalizi dovessero cadere. E chissà se nel buen retiro meneghino non gli venga in mente di richiamare il vecchio alleato Silvio Berlusconi per chiedergli se giovedì sera stesse scherzando o parlava sul serio. 'Radiomontecitorio', infatti, racconta che nell'incontro di giovedì alla Camera, durante le consultazioni, il Cav gli abbia sussurrato all'orecchio: "Fai saltare questa roba assurda e torniamo a votare, se ci stai io sono pronto per ottobre e stavolta vinciamo noi". Parole che forse non hanno lasciato "l'amico" Matteo indifferente.

 

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