Scontro con la Francia sull'Ue. Il leader della Lega replica al ministro Le Maire: "Inaccettabile invasione di campo"
Habemus premier! E sarà una figura terza. Alla fine Matteo Salvini la spunta, "né io né Di Maio", annuncia durante una visita al gazebo della Lega a Fiumicino. In cambio però la Lega perde il ministero dello Sviluppo economico, che passa nelle mani del Movimento 5 Stelle. Un "super-ministero" che ingloberà, spiega Di Maio, anche il Lavoro, ereditando le difficili vertenze di Ilva e Alitalia, così come i dossier delicati di Mediaset-Vivendi e Tim.
A questo punto è immaginabile che il ministero dei Trasporti andrà a un leghista, seguendo la logica dell'equilibrio tra le due forze politiche. Il Carroccio potrebbe avere quindi l'ultima parola sulle grandi opere, tra cui figura la Tav Torino-Lione. Per ora l'unica cosa certa è che Salvini e Di Maio faranno parte della squadra del nuovo esecutivo, l'uno all'Interno (Mattarella permettendo) e l'altro probabilmente proprio al Mise, dove grazie alla fusione con le politiche del lavoro potrebbe seguire il suo cavallo di battaglia: il Reddito di cittadinanza.
Nel frattempo nel dibattito politico irrompono le dichiarazioni del ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, che ha parlato del rischio di una possibile instabilità per tutta l'eurozona se l'Italia non dovesse rispettare gli impegni presi con l'Ue su debito, deficit e banche. All'avvertimento di Le Maire ha replicato Salvini su Twitter: "Un ministro francese 'avverte' il futuro governo: non cambiate niente, o saranno problemi. Altra inaccettabile invasione di campo. Non ho chiesto voti e fiducia per continuare sulla via della povertà, della precarietà e dell'immigrazione: prima gli italiani!".
La partita per palazzo Chigi si è chiusa a Roma dopo un faccia a faccia nella mattina di domenica. Circa due ore di colloquio tra Salvini e Di Maio in un luogo top secret, con i due protagonisti che alla fine sembrano convergere su un nome solo: Giuseppe Conte. Sono i rumors di palazzo a far schizzare le quotazioni del docente di diritto privato, uomo indicato dai Cinquestelle come ministro in pectore prima delle elezioni del 4 marzo. "Siamo pronti a partire", dice il leader del Carroccio, con "un nome equilibrato che soddisfa noi e loro". Nessun annuncio e bocche cucite, il nome sarà fatto "al presidente della Repubblica, per rispetto e perché così prevede la Costituzione". "Contiamo di essere chiamati il prima possibile" dal Quirinale, aggiunge Salvini "e spero che nessuno metta veti su nome e cognome". Una frecciatina molto probabilmente indirizzata a Silvio Berlusconi, anche perché il presidente della Repubblica non mette veti, semmai esercita il suo potere di nomina.
Nell'ipotetica classifica di possibili premier, oltre a Conte, compare ancora Andrea Roventini. Il leader pentastellato non conferma e non smentisce: "Lo scoprirete nelle prossime ore, e non ho detto niente su questi due nomi perché non è detto che siano loro". Vestendo il più classico degli abiti istituzionali, Di Maio glissa: "Non mi fate dire cose che sembra che voglia tirare il presidente per la giacca. Decide il presidente". È veramente fatta? Non è ancora dato saperlo. Se nello scacchiere della squadra del 'governo del cambiamento' sembrano essere state occupate buona parte delle caselle, altre restando orfane di pedine. A Vincenzo Spadafora dovrebbe essere affidato il compito di sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri (ruolo che fu di Gianni Letta prima e Maria Elena Boschi poi). Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini, potrebbe andare al ministero dell'Economia. E sempre stando a indiscrezioni parlamentari, il Carroccio avrebbe conservato l'Agricoltura e il Turismo (Nicola Molteni per il primo e Gian Marco Centinaio per il secondo). Al Movimento la Cultura (Laura Castelli), la Sanità (Giulia Grillo) e la Giustizia (Alfonso Bonafede). Tutte chiacchiere di palazzo, non confermate né da Lega né da M5S. Gli occhi restano puntati sul Colle.
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