La posizione del capo politico del M5S. Porta chiuse a Forza Italia

Il Quirinale apre le porte ai partiti. Dopo settimane di schermaglie, e ad un mese esatto dal voto, le varie forze politiche dovranno necessariamente scoprire le proprie carte davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un primo giro di consultazioni che, probabilmente, non porterà a nessun effetto. Il capo dello Stato chiederà proposte ed indicazioni programmatiche per dare al Paese un 'governo all'altezza' ma è impensabile sperare in soluzioni lampo come avvenne con il governo Prodi nel 2006 o con quello Monti 2011. Piuttosto in questo caso si rischia di avvicinarsi a quanto accadde nel 2013 quando tra l'insediamento di Camera e Senato e la nascita del governo Letta, con in mezzo il tentativo a vuoto di Pier Luigi Bersani, passarono la bellezza di 44 giorni.

In casa Movimento 5 Stelle, forte degli 11 milioni di voti alle urne, Luigi Di Maio tira dritto per la sua strada. Il capo politico ha intenzione di portare al Colle i suoi 'paletti'. In primis quello sul suo nome che è e resta l'unico per Palazzo Chigi. L'idea è quella di proporre una sorta di 'contratto' alla tedesca prendendo spunto dall'accordo Spd-Cdu. Gli eventuali firmatari, però, possono essere solo la Lega ed un Pd 'derenzizzato' che anzi è il "primo interlocutore" con l'attuale segretario Maurizio Martina. Porte sbarrate invece per Silvio Berlusconi e Forza Italia. Affermazioni che, inevitabilmente, potrebbero portare a spaccature all'interno dei dem e del centrodestra: per il momento però dai vertici di ambo le parti la risposta è rispedita al mittente.

Matteo Salvini, a cui Di Maio dice di scegliere fra "rivoluzione e restaurazione", risponde deciso. Ok al dialogo ma "niente veti o imposizioni". Il leader della Lega, insomma, non ha intenzione di rompere con l'alleato Silvio Berlusconi e, in mancanza di accordi chiari, non esclude il ritorno alle urne "se ci accorgessimo che qualcuno vuole tirare a campare". Su un punto solo Salvini è categorico: "Mai con il Pd".

La 'proposta indecente' di Di Maio è rispedita al mittente pure dal Partito Democratico, anche se con alcuni piccoli distinguo. "Caro Luigi Di Maio, noi non ci prestiamo a questi giochetti: chi tenta di dividere il PD non ci riuscirà", twitta Maurizio Martina, che parla di una delegazione che "non sarà insensibile" alle parole di Mattarella. Ma ora, assicura, "tocca ad altri", formula più volte ripetuta da Renzi.

Ira funesta, invece, in casa Forza Italia. Berlusconi ed i suoi non hanno affatto gradito il blitz del M5S. "Si deve partire dal centrodestra unito e da un candidato premier che è Salvini e non Di Maio", dice la capogruppo alla Camera, Mariastella Gelmini. Il ragionamento degli azzurri è semplice: il leader della Lega, dopo aver vinto le 'primarie' del centrodestra, non ha nessuna intenzione di diventare socio di minoranza dei grillini. Sulla linea di Forza Italia si muoveranno anche i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Il centrodestra deve avere l'incarico con Salvini premier e guai a nominare il Pd. Dal lato sinistro dell'emiciclo invece Di Maio incassa la già nota apertura di Leu. Per il partito di Grasso è "giusto" confrontarsi nel merito con il Movimento 5 Stelle. Obiettivo scongiurare il ritorno alle urne.

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