Elogio dell’inciucio… Quando la politica faceva accordi

Elogio dell’inciucio… Quando la politica faceva accordi

Si sprecano le accuse di “inciucismo” e, invece, ci sarebbe bisogno di capacità di accordo tra forze diverse

Questo è un elogio dell’inciucio. Parola tra le più usate e vituperate della campagna elettorale e della politica italiana in genere. Basta che due si parlino per essere sospettati e/o accusati di inciucio. L’establishment politico è per definizione “inciucione”, chi vuole abbatterlo grida all’inciucio. Per il dizionario Hoepli è un sostantivo “dispregiativo” e viene definito così: “Accordo di basso livello fra forze politiche ufficialmente contrapposte, col solo scopo della spartizione del potere”.

Tutti i partiti, in campagna elettorale, passano molto tempo a spiegare che “non faranno inciuci”. Il M5S ha fatto dell’anti inciucismo uno dei caposaldi della sua politica e, nell’immaginario della sua base e del suo ceto politico il concetto si è allargato all’idea che con gli avversari politici (quindi, tutti) non si parla nemmeno, al massimo ci può essere un confronto nelle commissioni parlamentari, ma solo a partire dalle posizioni del movimento. Così, quando si è accorto che, molto probabilmente, il 5 marzo nessuno avrà la maggioranza per governare e ha dovuto rispondere alla domanda “cosa farete voi che avete detto che non farete alleanze o inciuci con nessuno?”, Luigi Di Maio, candidato premier dei 5 stelle se n’è uscito con l’idea di una lista dei ministri da portare in anticipo al Quirinale e la disponibilità ad aprire trattative con chi ci sta ma solo a partire dal programma del M5S e da quella lista (intoccabile perché parlare di poltrone è automaticamente “inciucio”) di ministri.

La cosa, a parte i dubbi di costituzionalità e, quantomeno, di prassi costituzionale, fa emergere la necessità di distinguere tra “inciucio” e “accordo”. L’inciucio prevede scambi inconfessabili e poco puliti: soldi? poltrone? sesso? in cambio di un’intesa politica. Ma, appunto, grazie al cielo, esiste anche la parola “accordo” (con tutte le sue declinazioni: patto, intesa, contratto….) che, da che mondo e mondo, regola in positivo la vita dell’uomo. Accordo (e contratto) è il matrimonio (ma anche il divorzio), intesa è il contratto di lavoro; contratto è quando acquistiamo qualcosa di importante (una casa, una macchina, un viaggio…), contratti ne fanno continuamente le aziende per vendere o comprare ciò che producono e ciò che serve per produrre. Accordi li fanno gli Stati per evitare (o concludere) guerre e tensioni. Contratti li fanno i calciatori, gli artisti, ma c’è anche un contratto tra ciascuno di noi e lo Stato per cui nel momento stesso in cui siamo cittadini, abbiamo diritto a un’assistenza sanitaria e a una pensione. Insomma, la nostra vita è costellata di accordi, il mondo fa accordi continuamente, la politica non dovrebbe fare altro: accordi per il bene comune.

In Germania hanno votato il 26 settembre scorso: la coalizione di Angela Merkel (Cdu-Csu) ha ottenuto il 32,93% ed è risultata prima, l’Spd di Martin Schulz ha ottenuto, il 20,51%. Angela Merkel ha aperto una trattativa per un accordo di governo. All’inizio è stata anche presa a pernacchie; oggi, dopo 5 mesi e chissà quali “fatiche” politiche si sono messi d’accordo, hanno addirittura sottoscritto un contratto (come vorrebbe Di Maio) e governeranno insieme. Ma Angela Merkel (si può amarla o odiarla, ma, certo, sa fare politica) non si è mai sognata di dire a Schulz: “Senti Martin: qui c’è il programma, fai due aggiunte ma sbrigati. Qui c’è la lista dei ministri: non toccarla se no è inciucio”. Non l’ha fatto perché nessuna persona di buon senso, nella vita come in politica avvierebbe così una trattativa per fare un buon accordo nell’interesse delle parti e di tutti quelli che sono coinvolti.

Qualcuno, insomma, dovrebbe spiegare perché solo in Italia (ma, anche in Italia, solo in politica) mettersi d’accordo su qualcosa in modo chiaro e trasparente è considerato “inciucio”. Guardate, che Dc e Pci, negli anni del pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli) al governo, si odiavano nelle piazze e trovavano importantissimi accordi in Parlamento senza i quali il Paese non sarebbe mai andato avanti. Nelle piazze, comunisti e democristiani spesso si menavano per interposta celere scelbiana, ma i canali di comunicazione tra quei due grandi partiti, erano sempre aperti nel nome del supremo interesse dello Stato e del Paese. Grazie a quei canali è stato possibile fare leggi che oggi, probabilmente, con i livelli di interazione e di comunicazione tra partiti vicini a zero, sarebbero impossibili. Volete un piccolo elenco? Nazionalizzazione dell’energia elettrica, Riforma del latifondo e dei patti agrari, Riforma sanitaria, Scuola dell’obbligo a 14 anni, Riforma della psichiatria, Riforma del fisco, Statuto dei lavoratori, Scala mobile, Legge sul divorzio, legge sull’aborto. Furono inciuci? Non lo so e non me ne frega niente. Di certo il Pci non ebbe in cambio poltrone e la Dc non ottenne meno pressione dalle piazze di sinistra. Furono certamente accordi politici di altissimo livello che modernizzarono il Paese e permisero all’Italia di andare avanti.

Chi andrà in Parlamento dopo il 4 marzo, dovrebbe forse partire dalla nostra storia recente e riflettere un attimo sulla differenza tra inciucio e accordo e sulla politica come arte di trovare punti d’intesa nel nome del bene comune. Di odio e sfiducia ce n’è in giro fin troppo.

 

 

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