Il segretario dem a Milano attacca: Fuori non c'è la sinistra di lotta e di governo ma la sconfitta
Li cita espressamente, Giuliano Pisapia e Pierluigi Bersani, ricordando loro che il Pd ascolta e dialoga con tutti. "Ma sui temi del futuro dell'Italia non ci fermiamo davanti a nessuno". Matteo Renzi guarda avanti, dicendo 'basta' alla nostalgia del passato ma contemporaneamente fa un passo indietro nel tempo e illustra con precisione meticolosa tutti i provvedimenti adottati nei suoi 1000 giorni di governo. Primo su tutti, il jobs act con cui si è riusciti a "creare oltre 800mila nuovi posti di lavoro".
Tira dritto, Renzi, e lo fa puntando il dito contro chi dentro, e accanto, al partito nella settimana dopo i ballottaggi ha rimesso in discussione la sua leadership o sta cercando sponde e alleanze per costruire una coalizione tra i fuoriusciti dai dem. E che nello stesso momento è riunito a Roma, in piazza Santi Apostoli, per battezzare il soggetto politico nato dalla fusione tra Campo Progressista e Articolo Uno-Mdp. Buona parte del discorso del segretario, in chiusura del forum nazionale dei circoli Pd a Milano, è dedicato a quelli delle "polemicuzze", come li definisce. Ma è lui stesso a far partire la stoccata: "Chi pensa di fare il centrosinistra senza il Pd vince il Nobel della fantasia". Anzi, rincara la dose: "Fuori dal Pd non c'è la rivoluzione socialista, marxista, leninista, ma M5s o la Lega. Fuori non c'è la sinistra di lotta e di governo ma la sconfitta della sinistra".
L'obiettivo dichiarato è parlare di programmi e futuro, verso quell'Italia 2020 a cui rimanda il titolo della convention, fatta soprattutto di lavoro ("entro la fine della legislatura c'è il rischio che arriveremo a un milione di nuovi posti di lavoro", annuncia), di diritti ("non rinunceremo allo ius soli"), di una nuova partecipazione dei circoli locali ("dovevamo coinvolgervi di più in passato, mea culpa"). Ma Renzi sente prima l'urgenza di ribadire la sua leadership. Basta mettere in discussione l'attuale classe dirigente del partito, in quanto i "leader li scelgono i voti, non i veti". E Renzi i voti li ha presi alle primarie, quando due milioni di elettori lo hanno investito segretario, dimostrando che nel Pd "chi comanda non sono le persone elette, ma i cittadini che hanno votato". E per questo, "io non rispondo ai capicorrenti, io rispondo agli elettori. E' questa la democrazia".
Un dialogo a distanza, con D'Alema e Bersani che da Roma chiudono ogni porta ribadendo che alle elezioni si andrà da soli. Il tempo per trovare un punto fondante di una coalizione di centrosinistra scade a fine settembre. Dal 24, infatti, quando si concluderà la festa nazionale del Pd di Imola, partirà un tour in treno in tutte le province di Italia. Un viaggio che appare il preludio alla campagna elettorale. Il treno, spiega Renzi, "avrà una carrozza social" e anche "uno spazio per gli incontri". "Adesso si parte sul serio, – avverte l'ex premier – chi ha voglia di mettersi in gioco, si metta in cammino, chi ha voglia di polemizzare, sappia che non li seguiremo".
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