"Le ragioni per cui qualcuno pensa alla scissione sono esattamente quelle per cui dobbiamo stare insieme"
"Le ragioni per cui qualcuno pensa alla scissione sono esattamente quelle per cui dobbiamo stare insieme". Lo dichiara Rosy Bindi in un'intervista alla Stampa in cui ribadisce: "se vogliamo che il progetto politico del Pd vada avanti, il partito va tenuto unito". Altrimenti, il rischio è che "qualcuno tenga il nome, ma non più il progetto". Quel qualcuno è Matteo Renzi a cui lancia un appello: "Non chiuda le porte di un partito che a lui le ha spalancate, forzando anche l'architrave". Tra i fondatori del Pd, Bindi esprime la sua preoccupazione per quanto riguarda una scissione: "Si sono creati tutti i presupposti perché avvenga, con la responsabilità di tutti anche se in misura diversa. Ma non è detto che non ci sia ancora lo spazio per evitare di consumarla". "Alcuni presupposti – spiega – sono di schiuma, di superficie, e su quelli tutti possono fare uno sforzo. Poi ce ne sono altri, più profondi, che forse esistono da sempre, e sono legati all'identità incompiuta del partito, alla sua visione e alla sua missione storica: quando un partito si divide su questioni fondamentali come lavoro, scuola, legge elettorale, Costituzione, serve una fase di confronto vero". E questi presupposti, secondo Bindi, "sono il motivo per cui abbiamo deciso di fondare il Pd e prima ancora l'Ulivo. Bisogna fare la fatica di trovare un punto d'incontro".
Quanto alle responsabilità, "chi vince il congresso ha la responsabilità di guidare e chi non lo riconosce sbaglia", sostiene Bindi, precisando che "è il segretario a doversi portare dietro tutti, vivendo le ragioni degli altri non come un fastidio ma come una ricchezza. Per questo mi appello prima di tutto a Renzi". L'ex premier "ha bisogno di coloro che invece guarda andarsene quasi con soddisfazione. E per fare un passo avanti deve dire con chiarezza che la legislatura arriverà a scadenza naturale. Non si tiri a campare perché ci sono tante cose da fare e correggere: la legge elettorale, il Jobs Act- E poi una legge di bilancio libera dalla paura delle elezioni: prima viene il Paese che soffre". Anche sul congresso Bindi ha le idee chiare: "se si vota l'anno prossimo, cosa cambia se il congresso dura un po' di più? Vedo da tutti i sondaggi che la sua leadership non è intaccata nonostante il referendum, che problema ha a prevedere una conferenza programmatica? In realtà vuole un congresso breve per votare nel 2017. È lui a dover fare il primo passo". "Renzi – ribadisce – fa parte del Pd. Non hanno cittadinanza il PdR (partito di Renzi, ndr.) o il partito della nazione".
Bindi esclude di uscire dal partito: "io non posso prendere il considerazione la subordinata quando lavoro per la principale. Per questo mi rivolgo a lui ma anche a chi se ne vuole andare", dicendo loro che "non pensino che le ragioni della sinistra – che io condivido pensandola plurale e non monoculturale come Bandiera Rossa – possano dare un contributo al Paese se si rifugiano in un partito identitario". Sull'eventuale candidatura di Orlando "anche questo scenario dà per scontata la scissione, per cui non mi esprimo. Non sono preoccupata solo o tanto per il partito, ma per il Paese: se si spezza questo progetto, viene a mancare l'architrave del sistema politico italiano. E se vogliamo che il progetto del Pd vada avanti, il partito va tenuto unito". Altrimenti "qualcuno terrebbe il nome ma non più il progetto".
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