Intanto prende quota la candidatura di Orlando come possibile sfidante di Renzi alla guida del partito

Due giorni dopo la direzione del Partito democratico in cui Matteo Renzi ha annunciato la chiusura di un ciclo e l'intenzione di fare un congresso secondo "le regole della volta precedente", prende quota la candidatura di Andrea Orlando a sfidante proprio di Renzi alla guida del partito. In Transatlantico, l'ala 'orlandiana' dei Giovani Turchi ha l'umore alto, in attesa di domenica quando alle 10 prenderà avvio a Roma – con ogni probabilità all'hotel Parco dei Principi – l'assemblea nazionale del partito dove Matteo Renzi dovrebbe annunciare le proprie dimissioni da segretario e dare così il via al congresso.

E anche se, in un intervento tv a fine serata, Orlando chiede di "mettere al bando la parola scissione" e sostiene che non è tempo di parlare di una sua candidatura, la speranza tra i parlamentari più vicini al ministro della Giustizia è che le diverse anime della minoranza dem, col tempo, convergano attorno a un unico candidato e che gli altri sfidanti – da Enrico Rossi a Michele Emiliano, fino a Roberto Speranza – si ritirino.

L'idea di Orlando è quella di unire il partito intorno a un programma, di qui la proposta di una "conferenza programmatica". Perché, i suoi ne sono convinti, tra maggioranza e minoranza "sono più i punti in comune che quelli divergenti". L'umore è alto, soprattutto dopo le parole di Bersani, che è tornato a ribadire a Montecitorio "da qui a giugno mettiamoci alle spalle la legge elettorale, le amministrative, poi prepariamo bene il congresso, come ha detto Orlando, con il tempo giusto di elaborazione".

Ma perché i sogni degli 'orlandiani' si trasformino in realtà, occorre prima di tutto scongiurare l'uscita della minoranza dal partito, tutt'altro che scontata. Lo stesso Bersani precisa che è prematuro parlare di candidature e invita sia Orlando sia Franceschini a farsi avanti. Parole che stridono però con il fatto che l'ala bersaniana non ha deciso se partecipare all'assemblea di domenica. E ancora di più col fatto che, secondo l'ex segretario, "la scissione è già avvenuta" nel popolo del Pd.

Bersani, che ha preso la parola in direzione dopo tanto tempo, ora ci va giù duro in Transatlantico. "Siamo il Pd o il Pdr, il Partito di Renzi? – chiede – Ce lo abbiamo un canale per discutere? Ieri ho visto solo dita negli occhi". E secondo un altro attore in campo, l'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, "è anche possibile che la minoranza Pd non arrivi nemmeno a fare il Congresso".

Lo spettro della scissione agita i sonni di molti parlamentari della sinistra Pd. E non solo. L'addio per alcuni sembra a un passo, si aspetta solo l'ufficializzazione. Si divideranno i destini di Nico Stumpo, Davide Zoggia e dello stesso Roberto Speranza? Da un lato, Sinistra Italiana aspetta a braccia aperte. Dall'altro c'è il Centro Progressista di Pisapia, che spiega di volere "una comunità unita, molto ampia, molto di sinistra, molto di centrosinistra" e aperta al civismo" e per questo non entra nelle questioni del Pd.

Se Massimo D'Alema può essere visto come il simbolo dell'ala scissionista e Pier Luigi Bersani può essere collocato in mezzo, Gianni Cuperlo appare del tutto contrario all'ipotesi di dividersi. E quindi, proprio per questo, più vicino alla posizione del Guardasigilli. "Sono molto allarmato – dice il leader di Sinistra Dem -. Continuo a credere che una divisione sarebbe una sconfitta per chi dovesse andare e per chi dovesse rimanere. E' sempre spiacevole quando ad ammutinarsi è l'equipaggio. Ma va del tutto contro la logica se ad ammutinarsi è il comandante". Resta in silenzio l'altro grande attore della scena Pd, il ministro della Cultura Dario Franceschini.

Oggi, intanto, nel primo pomeriggio i Giovani Turchi si riuniranno alla Camera per fare il punto, sia la parte vicina a Orlando sia quella di Matteo Orfini. Tra gli orlandiani infatti circola la convinzione che Orfini si candidi a reggere il partito al posto di Renzi nell'intermezzo che si aprirebbe tra le dimissioni dell'attuale segretario e l'elezione del nuovo.

Un'altra preoccupazione che assilla i democratici è l'affluenza all'appuntamento di domenica. Da statuto è fondamentale, perché sia valida, che all'assemblea partecipino almeno in 500 su mille componenti. Sabato 18 intanto al teatro Vittoria, sempre a Roma, alle 11, Rossi presenterà il manifesto  dell'associazione democraticisocialisti per il lancio ufficiale della sua candidatura.

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