Tra le altre misure la privatizzazione di Poste Italiane e quella di Telecom Italia

Carlo Azeglio Ciampi fu il tecnico approdato alla politica che traghettò l'Italia nell'euro al fianco dell'allora presidente del consiglio, Romano Prodi. Ciampi passò in Banca d'Italia ben 47 anni, di cui 14 da governatore, dall'ottobre del 1979 all'aprile del 1993. Fu per la sua competenza che Prodi – che stava lavorando per portare Roma nel club della moneta unica – lo volle come ministro del Tesoro nel 1996-1997. Sotto la responsabilità dell'ex numero uno di Bankitalia fu varata la cosiddetta Eurotassa, contenuta nella finanziaria del 1997. La pressione fiscale salì del 2% rispetto al Pil, ma permise di portare il deficit sotto il 3% del Pil a fine anno, vincendo le ritrosie di Francia e Germania che storcevano il naso di fronte ai conti pubblici del Belpaese. L'Eurotassa – che da molti è ricordata come il simbolo di un fisco opprimente, ma che fu in parte restituita nel 1999 – valeva 4.300 miliardi di lire e permetteva al disavanzo pubblico di calare di 0,6 punti percentuali.

Il primo passo per l'euro fu quello di chiedere, a novembre dello stesso anno, il ritorno nel circolo antenato dell'euro, lo Sme, il sistema monetario unico europeo, da cui l'Italia era uscita nel 1992 con una svalutazione della lira del 20%. Ciampi sembrò l'uomo perfetto per la missione di entrare nell'Europa che conta, anche per una questione di credibilità. Da numero uno di Palazzo Koch aveva infatti partecipato ai negoziati di Maastricht, quelli in cui venne fissata la 'famigerata' soglia del 3% del disavanzo sul Pil. Gli sforzi di Ciampi come titolare di via XX settembre fino al 1999 – con Prodi prima e con D'Alema poi – furono anche finalizzati alla riduzione del debito pubblico.

Tra le altre misure, avviò la privatizzazione di Poste Italiane e quella di Telecom Italia. Da presidente del consiglio di un governo tecnico, tra il '93 e il '94, Ciampi aveva già più volte richiamato alla necessità delle privatizzazioni. Come ministro del Tesoro, attraverso le cessioni di quote di società pubbliche, portò nelle casse dello Stato oltre 20 miliardi di euro tra il '97 e il '98. Nel '99, inoltre, dal ministero del Tesoro si avviò il processo di cessione di quote di Enel e di Autostrade. L'impegno di Ciampi permise al debito pubblico italiano di calare dal 121,5% circa del Pil del 1995 al 109,1% del 2000.

Paradossalmente, il 'politico tecnico' vide crescere esponenzialmente il debito pubblico italiano proprio nel periodo in cui era alla guida della Banca d'Italia. Tra il '79 e il '93 la mole del debito si impennò dal 58,2% del Pil al 115,6%. Alcuni critici di Ciampi attribuiscono proprio a una sua misura una delle cause della crescita esponenziale. Nel 1981 fu lui, con l'allora ministro del Tesoro, Beniamimo Andreatta, a decidere il cosiddetto 'divorzio': via Nazionale avrebbe smesso di comprare automaticamente i titoli di Stato non collocati sul mercato. La scelta, che rendeva la Banca d'Italia più autonoma e apriva i Btp ai mercati, fece salire la spesa per interessi.

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