Scontri a Catania durante l'intervento del premier

Disponibilità "totale" sull'Italicum ma nessuna resa a chi attraverso "risse continue" e "congressi permanenti" vuole trascinare il Pd "nella guerra del fango" delle correnti. Matteo Renzi chiude la Festa nazionale dell'Unità a Catania e fissa 'le regole d'ingaggio' per i prossimi mesi in vista del referendum costituzionale. Il premier 'delude' quanti, all'interno della minoranza del partito, si aspettano da lui un passo in avanti "concreto" sulla legge elettorale. "Siamo pronti a discutere. C'è bisogno che gli altri facciano le loro proposte, noi faremo le nostre", si limita a dire. Nessuna trattativa vincolante sulla riforma, insomma, perché – sottolinea – "non l'ho scritta per me" ma appartiene "alla storia del Pd".

Il premier prende di mira "il presidente emerito del Consiglio Massimo D'Alema", che qualche settimana fa, dallo stesso palco di villa Bellini, non aveva usato toni teneri per il segretario e per il ddl Boschi. "Alcuni leader del passato – lo apostrofa – vorrebbero fregarci il futuro continuando con le divisioni interne, le risse, le polemiche di tutti i giorni. A loro diciamo che questa è la riforma del Pd, come lo era dell'Ulivo e del Pds". Il premier si improvvisa poi imitatore e legge alcuni punti chiave del libro dell'ex segretario 'Un paese normale' ("È un libro che vi consiglio, perché è scritto da Velardi e Cuperlo. Loro scrivono bene, D'Alema ci ha solo messo la firma", scherza). Superamento del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, una camera delle Regioni: "A me questo sembra un modello di governo più forte, più efficace. Ecco io la penso come Massimo D'Alema. Perché questa è la riforma della nostra storia, del nostro passato", ribadisce.

La resa dei conti interna, insomma, dovrà attendere. "Non consentirò che questo referendum si trasformi in una tappa del congresso – insiste Renzi -. Il congresso del Pd, chi ha i voti lo vinca nelle sedi del Pd. Io ci sarò e aspetto anche loro", è l'avvertimento. Nel 2017 – questa la data sin qui annunciata – ci sarà con ogni probabilità Roberto Speranza. Il leader della minoranza dem è in platea ad ascoltare il segretario. L'attesa di un'apertura, però, viene tradita. "Allo stato delle cose il mio voto al referendum è no – spiega ai cronisti quando Renzi è ancora nel retropalco a stringere le mani dei sostenitori Pd -. Mi sarei aspettato qui a Catania maggiore coraggio e soprattutto un tentativo vero di abbassare i toni della polemica. Purtroppo così non è stato". "Serve che il Pd e il suo leader assumano un'iniziativa pubblica e chiara che almeno oggi purtroppo non si è sentita", gli fa eco Gianni Cuperlo che avverte il segretario rispetto a "rischi concreti di rottura".

Il match sull'Italicum, in realtà, si aprirà all'indomani del pronunciamento della Corte costituzionale (in calendario per il prossimo 4 ottobre), ma il messaggio di Renzi è chiaro. Il referendum non riguarda la legge elettorale, la durata della legislatura, il futuro del premier, né tantomeno il destino politico del segretario. Tra novembre e dicembre il bivio sarà tra "il futuro" e "la palude". E in gioco c'è, quello sì, il destino di tutto il Pd. Dall'altra parte del campo, secondo Renzi, c'è "la cultura antagonista" di chi sa solo "contestare e spaccare tutto", e non ha in testa "il futuro dell'Italia".

Mentre il premier li evoca dal palco, i 'contestatori' sfilano a pochi metri dai giardini che ospitano la Festa dell'Unità. Via Etnea è blindata e ingenti sono le misure di sicurezza, ma alcuni ragazzi del centro sociale Anomalia di Palermo tentano di forzare i blocchi di sicurezza con una bomba carta e vengono bloccati a manganellate dalle forze dell'ordine. La situazione si risolve in pochi minuti, con alcuni contusi e due ragazzi fermati.

Per rispondere a 'gufi' e contestatori Renzi mette sul tavolo tutte le riforme fatte: dal Jobs act alla scuola, dalla legge sul 'dopo di noi' alle unioni civili. Il premier chiede poi un "sacrificio" al Pd: nonostante "mesi di prese in giro, sfottò e accuse infamanti", nonostante le lezioni sulla trasparenza di chi "doveva fare tutto in streaming ma deve aver finito i giga", il segretario Pd chiede ai suoi di non attaccare Virginia Raggi: "Rispettiamo il voto dei romani, facciamo vedere che siamo diversi".

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