dal nostro inviato Fabio De Ponte
Parigi (Francia), 25 nov. (LaPresse) – Sarà all’Eliseo per un colloquio col presidente Francois Hollande già alle otto del mattino di domani il premier Matteo Renzi. Il capo del Governo entrerà così nella girandola di incontri che il numero uno francese sta facendo con tutti i grandi leader.
Lunedì Hollande ha visto il premier britannico David Cameron, ieri ha incontrato il presidente Usa Barack Obama, stasera ha in programma una cena di lavoro con la cancelliera tedesca Angela Merkel, domattina vedrà Renzi e nel pomeriggio volerà a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin.
L’INTERVENTO ALLA SORBONA. Ma il momento della visita di domani che meglio rappresenta la linea dell’esecutivo italiano sarà quello successivo. Il premier ha in programma per le 10 infatti un discorso alla Sorbona, l’università presso la quale era ricercatrice Valeria Solesin, l’italiana rimasta uccisa negli attentati. Ma non si tratta solo di un omaggio a lei. Per Renzi quella di inserire nelle visite diplomatiche le università è una prassi. Da mesi ripete che la cultura è l’arma più importante contro il terrore.
L’AVANA E SANTIAGO. L’ultimo ateneo in ordine di tempo che Renzi ha visitato è stato l’Istituto Superiore de las Artes a L’Avana, università delle arti ed istituzione simbolo dell’insegnamento cubano, progettata da architetti italiani, nel corso della sua visita in America Latina. Pochi giorni prima, durante lo stesso viaggio, era stato anche all’Universidad de Chile a Santiago, dove aveva dedicato molti passaggi del proprio discorso a Pablo Neruda e al golpe del 1973.
TOKYO E TEL AVIV. Ad agosto Renzi era stato alla Geidai, l’università delle Belle arti di Tokyo, dedicata alla formazione artistica e musicale, dove aveva tenuto un discorso dedicato alla bellezza. A luglio era toccato a Tel Aviv, dove il focus era stato sull’innovazione e la tecnologia, soprattutto nei campi, come le neuroscienze e la biomedicina, nei quali Italia e Israele collaborano.
BERLINO, NAIROBI, WASHINGTON. Nel corso del 2015 Renzi è stato anche alla Humboldt di Berlino e all’università di Nairobi, in Kenya. Ad aprile andò alla Georgetown di Washington, dove fece un discorso manifesto: “Credo – disse – nella cultura umanistica, nell’idea che è fondamentale studiare il passato, non solo per creare competenze, ma perché la scuola deve creare cittadini. Senza cultura saremmo tutti infinitamente più poveri e meno umani”.
“UN EURO PER LA SICUREZZA, UNO PER LA CULTURA”. Parole che tornano sempre più di attualità in questi giorni, e alle quali ha dato ieri concretezza annunciando che, a fronte di un miliardo di euro speso in sicurezza, il Governo intende destinarne un altro alla cultura: “Per ogni euro in più investito in sicurezza – ha detto -, ci deve essere un euro in più investito in cultura”, ha scandito in quella sala degli Orazi e dei Curiazi del Campidoglio dove nel 1957 si firmarono i Trattati di Roma, che diedero origine al primo nucleo di quella che è poi divenuta l’Unione europea. Perché, ha spiegato, “occorre sconfiggere la paura, ma contemporaneamente ricordarsi chi siamo”.
“Loro vogliono abbattere le statue – ha continuato -, noi vogliamo i caschi blu della cultura. Loro bruciano i libri, noi siamo quelli delle biblioteche. Loro immaginano il terrore, noi siamo quelli della cultura. La bellezza è più forte della barbarie”. Per questo “l’unico modo di ricordare Valeria è quello di continuare a camminare a testa alta. Per me l’Europa è questo: dare ai nostri figli la possibilità di essere liberi, di vivere senza paura”.
LA CULTURA CONTRO IL TERRORE. D’altra parte Renzi lo va dicendo da tempo. Già alla conferenza internazionale dei ministri della Cultura a Expo mise in chiaro che quella della cultura rappresenta per l’Italia quella che George W. Bush definiva la “guerra preventiva al terrore”: “Con la cultura – disse – possiamo reagire agli attacchi terroristici”, promuovendo “valori” e “civiltà” contro “la barbarie”.
“Il terrorismo – aggiunse – sa bene dove farci male: nel nostro modo di vivere, ispirato alla cultura, all’innovazione e alla bellezza. Non ci stiamo, siamo qui per dire che possiamo reagire”.
IL FUTURO DELL’UNIVERSITA’ ITALIANA. Ma il premier non parla solo alle università straniere: il 18 febbraio è stato anche al Politecnico di Torino. E proprio lì chiarì concretamente anche la sua idea circa il futuro degli atenei italiani, che prende a modello il sistema anglosassone: “Ci sono già università di serie A e di serie B nei fatti in Italia. Rifiutare la logica del merito è quanto di più antidemocratico possa esistere”, disse rivolgendosi agli studenti.
“L’uguaglianza – aggiunse – non può essere scambiata per egualitarismo. L’uguaglianza mette tutti sullo stesso piano alla partenza, non all’arrivo”. “Se pensiamo – continuò – di portare tutte le 90 università italiane allo stesso livello nel mondo spazzeranno via anche noi”. “Ci sono università – concluse – che possono competere nel mondo e università che hanno un’altra funzione.
Se abbiamo paura delle valutazioni e delle classifiche internazionali non abbiamo paura dei parametri, abbiamo paura della realtà”.
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