di Donatella Di Nitto
Bari, 24 ott. (LaPresse) – Lo scontro tra governo e Anm “non c’è” ma le posizioni restano comunque distanti su intercettazioni e lotta alla corruzione. Ieri il duro l’attacco dell’Associazione nazionale dei magistrati che, rappresentata dal presidente Rodolfo Sabelli, aveva rimproverato il governo di “timidezza” nei provvedimenti a contrasto della corruzione e di avere una eccessiva “attenzione” nei confronti delle intercettazioni trascurando la mafia. Senza tralasciare la viva sensazione di un tentativo in atto da parte della politica di delegittimare le toghe.
Oggi di rimbalzo arrivano le critiche di due ministri, Orlando e Alfano, mentre a Bari si svolgono i lavori della seconda giornata del Congresso dell’Anm. Il guardasigilli, Andrea Orlando, da Milano avverte i magistrati: “Il problema fondamentale è che l’Anm non faccia gli stessi errori fatti in passato dalla politica: pensare che chiunque solleva una critica o chiunque chieda un cambiamento debba essere visto come un nemico”.
L’ATTACCO DI ALFANO Più diretto e duro il titolare del Viminale, Angelino Alfano, che traduce le critiche delle toghe come un tentativo per “sviare l’attenzione” dei problemi che la magistratura ha in casa, soprattutto in merito al caso Palermo. “Credo che ci voglia coraggio e una certa faccia per attaccare questo Governo – spiega il ministro -. Invece dell’autocritica, per quanto successo a Palermo, arrivano gli attacchi”. A stretto giro arriva la replica di Sabelli “distinguerei quella che è la dinamica di confronto anche critico tra associazione, mondo delle istituzioni e società con quella che è polemica distruttiva, una contrapposizione che non serve a nessuno. A questo tipo di contrapposizione noi ci sottraiamo”.
ORLANDO NELLA TANA DEI LEONI I toni nel corso della giornata però si attenuano. Lo stesso Sabelli fa un passo indietro sulla “strategia della delegittimazione” chiarendo che “in realtà non mi riferivo al governo”. In questo clima arriva il titolare di via Arenula, accolto da una battuta di Sabelli, evidentemente pronunciata con l’intento di abbassare la tensione: “Accogliamo il ministro Orlando, vorrei rassicurarlo che non c’è clima di attacchi frontali e non è arrivato nella fossa dei leoni. Vogliamo anzi un confronto leale e aperto, aperto anche alle critiche che non siano distruttive”. Strette di mano e applausi, ma quello che si registra non è sicuramente un “avvicinamento”. Lo scontro, spiega Orlando “credo che non ci sia, c’è una dialettica e posizioni diverse su alcuni punti che rimane, come è fisiologico che sia”. Il governo non arretra e nelle cose fatte e fatte bene ci mette la lotta alla corruzione e anche le intercettazioni. Sul contrasto alla criminalità, il guardasigilli sottolinea “abbiamo fatto tutto ciò che si poteva fare e anche le organizzazioni internazionali ce lo riconoscono”, mentre sulle intercettazioni le critiche “sono destituite di ogni fondamento”.
LA MEDIAZIONE DI LEGNINI In una giornata complicata con botta e risposta continui, il ruolo di mediatore lo ha fatto sicuramente Giovanni Legnini. Nella sua posizione di politico e vicepresidente del Csm, l’ex senatore del Pd getta acqua sul fuoco e nel suo intervento mette in evidenza come “nella relazione del presidente Sabelli” e nel dibattito successivo “non ho registrato la volontà di alimentare quella nuova stagione di scontro che viene evocata in alcuni titoli ed articoli di stampa”. “Il conflitto, anche solo latente – aggiunge – rischia di indebolire tutti ma soprattutto rischia di indebolire il futuro del Paese”. Per questo si “richiede a ciascuno di noi di esercitare la propria funzione con maggiore fiducia ed orgoglio, per la straordinaria capacità della magistratura italiana e per le tante energie di cui dispone il nostro paese”.
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