di Elisabetta Graziani
Roma, 4 ott. (LaPresse) – Se il cuore della riforma costituzionale del Senato è stato approvato sabato, con il via libera all’articolo 2 sull’elezione dei futuri senatori, restano almeno altri cinque nodi da sciogliere nel percorso del disegno di legge. Cosa che fa dire al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che “la strada è tutt’altro che in discesa” mentre il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a domanda specifica su RaiTre, risponde “Problemi risolti? No, non mi fate fare gesti scaramantici”.
Ad aumentare la tensione è la ‘mossa del gambero’ promessa dal senatore leghista Roberto Calderoli, come contromossa all’emendamento ‘canguro’ a firma del renziano Roberto Cociancich che ha permesso di ‘saltare’ un buon numero delle oltre 380mila proposte di modifica rimaste dopo la sforbiciata del presidente Pietro Grasso agli originari 85 milioni. Calderoli aspetta risposte dal governo su funzioni del Senato, delle Regioni e finanza degli enti locali. In caso contrario ha promesso guerra alla maggioranza: data di inizio, domani alle 15 quando l’aula del Senato si riunirà.
Gli ostacoli si hanno un nome e un numero: articolo 6 (regolamenti delle Camere), articolo 10 (procedimento legislativo del Senato) su cui pendono 300mila emendamenti per lo più a firma del leghista Calderoli, articoli 21 e 22 (quorum ed elezione del Capo dello Stato),articolo 37 (elezione giudici Corte costituzionale) articolo 39 (norma transitoria che regola il passaggio fra la nuova e la vecchia normativa e rende omogeneo il testo) su cui Grasso ha detto che si “riserva di valutare eventuali emendamenti”.
Su questi punti maggioranza e opposizione si trovano agli antipodi. In alcuni casi, come già sull’elezione dei senatori, il dissenso è interno allo stesso Pd. Nel caso dell’articolo 37, soltanto un emendamento preparato ad hoc a prima firma Anna Finocchiaro e sottoscritto da tutta la maggioranza ha portato a più miti consigli la minoranza dem che l’ha fatto proprio attraverso la firma di Erica D’Adda, confermando alla senatrice Finocchiaro il titolo di ‘madrina’ dell’intesa. La proposta di modifica prevede infatti che due giudici della Consulta su 5 la cui elezione spetta al Parlamento siano scelti dai senatori, e non uno soltanto come invece si voleva nel testo uscito dalla Camera.
Il calendario, se fosse rispettata la data del 13 ottobre per il voto del Senato in terza lettura e l’iter fosse regolare, prevederebbe entro Natale la quarta lettura della Camera, entro l’estate 2016 il voto definitivo di Senato e Camera; e il referendum consultivo voluto da Renzi non prima dell’autunno 2016.
Se la riforma finora approvata andasse in porto, il nuovo Senato sarebbe composto da 100 senatori dei quali 74 consiglieri regionali indicati dagli elettori al momento delle regionali ed eletti dai Consigli regionali in conformità delle scelte dei cittadini, 21 sindaci e 5 senatori a vita nominati dal Capo dello Stato.
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