Roma, 28 set. (LaPresse) – E’ stato uno dei padri della Repubblica, un protagonista del ‘900 che ha vissuto intensamente cento anni della storia d’Italia. Così, dopo aver spento 100 candeline lo scorso 30 marzo, è morto Pietro Ingrao, nato a Lenola, in provincia di Latina da una famiglia di proprietari terrieri dell’alta borghesia locale, ma con “radicate tradizioni liberali”, come lo stesso Ingrao amava ricordare. Il nonno Francesco Ingrao era un mazziniano che si unì anche alle truppe di Garibaldi.

Antifascista, entra in contatto con l’organizzazione clandestina del Pci e dal ’42 diventa uno dei protagonisti della storia politica italiana. Di quegli anni, Ingrao racconta: “Il 17 luglio 1936 è un giorno chiave: esplode la rivolta franchista. Non tornai più al centro sperimentale (il centro sperimentale di cinematografia dove era iscritto come allievo regista, ndr). Da allora, la lotta di classe diventò il punto centrale nella mia vita, il primo dovere, la prima speranza”.

Il suo avvicinamento al comunismo sconvolge anche la sua vita sentimentale: si innamora e sposa la ‘compagna’ Laura Lombardo Radice, da cui ha tre figli. Nel 1947 Ingrao è nominato direttore dell’Unità, incarico che ricoprirà fino al 1956. Nel ’48 entra nel comitato centrale del PCI e viene anche eletto deputato per la prima volta: sarà rieletto per dieci legislature consecutive, fino a quando, nel 1992, chiederà di non essere ricandidato. Nel 1956 entra nella segreteria del Pci, dove resterà per dieci anni. All’XI Congresso del PCI, nel 1966, rompe la liturgia comunista rivendicando il ‘diritto al dissenso’; diventa così punto di riferimento per l’ala sinistra del PCI, e per chi vuole rifondare l’identità comunista rompendo con lo stalinismo.

Di lui Andrea Camilleri ha scritto: “Il dubitare di Ingrao è sempre la messa in moto di un motore che elabora il che fare più attinente al fine proposto, non è mai la messa in dubbio del perché, ma del percome”.

Nel 1968 Ingrao è eletto presidente del gruppo parlamentare comunista della Camera dei Deputati fino ad arrivare, il 5 luglio 1976 ad essere eletto presidente della Camera dei Deputati. In questa veste, nel 1978, vive in prima linea i giorni drammatici del sequestro e dell’assassinio del presidente Dc Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Resterà in carica fino al ’79, anno in cui chiederà di essere sollevato dall’incarico. Negli ultimi anni della sua carriera politica prima aderisce al Pds ma poi passa a Rifondazione comunista, cui rimarrà iscritto fino al 2008. In questo periodo, però Tra la fine del secolo e i primi anni del nuovo millennio, Ingrao si dedica soprattutto all’attività di scrittura. Nel 2007 pubblica la sua autobiografia, ‘Volevo la luna’.

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