di Donatella Di Nitto
Roma, 24 set. (LaPresse) – Una pausa di riflessione per maggioranza e opposizione prima che si torni in aula e si affronti la valanga di emendamenti depositati al ddl Boschi. E’ stato infatti rimandato a martedì 29 settembre alle 11 il dibattito sulle riforme costituzionali che dovranno essere votate entro il 13 ottobre. A deciderlo una conferenza dei capigruppo fiume, durata quasi tre ore, nella quale si è consumato l’ennesimo braccio di ferro tra il presidente Pietro Grasso e la maggioranza, in particolare il Partito democratico. Il capogruppo Dem, Luigi Zanda aveva infatti chiesto come data ultima per approvare il disegno di legge l’8 ottobre prossimo, ma la seconda carica dello Stato ha “mediato con grande sforzo”, ammettono le opposizioni affinché si avesse più tempo per la discussione, tenendo fede al suo ruolo di garante anche della minoranza in Senato. Risultato, entro il 13 ottobre le riforme dovranno essere approvate, mettendo a rischio però il ddl sulle unioni civili, spiegano fonti democratiche. Secondo quanto viene riferito infatti la presa di posizione del presidente Grasso non sarebbe piaciuta al Nazareno, che lamenta la mancanza da parte di Grasso di rispettare le richieste della maggioranza, “così è inutile convocare la conferenza dei capigruppo” hanno rilevato.
Resta comunque il nodo emendamenti, anche se oggi, grazie allo “sforzo” di Grasso, Sel ha annunciato che manterrà dei 62mila emendamenti presentati, solo quelli di merito, in tutto circa 1100. Apertura anche da parte del senatore Roberto Calderoli, padre di 82 milioni di proposte di modifica, che ha confermato di avere l’intenzione di ritirare le norme sia all’articolo 1, che conta 11 milioni di emendamenti, che al 2. Le proposte di modifica restano comunque tantissime e la strategia al momento è quella di affrontarne la mole articolo per articolo, con la speranza che da oggi al 29 settembre ci siano dei ‘ritiri’ volontari. Intanto però la ‘ghigliottina’ è stata applicata anche al disegno di legge che riforma 40 articoli della Costituzione. Già martedì è stata contingentata l’illustrazione degli emendamenti: i senatori avranno infatti solo 10 ore per presentarli. Mercoledì 30 invece si darà il via ai voti e non è escluso che il presidente Grasso si esprima sull’ammissibilità delle norme articolo per articolo, giudizio, si legge nel regolamento del Senato, che sarà ‘inappellabile’. Termine ultimo quindi il 13 ottobre quando il Senato sarà chiamato a votare il provvedimento nel suo complesso, senza badare che siano stati votati tutti gli emendamenti depositati.
La trattativa quindi resta aperta, come ha confermato questa mattina in sede di replica in aula la stessa ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, “fino all’ultimo minuto non lasceremo nulla di intentato, ma non possiamo accettare veti da nessuno perché sappiamo che questa è la volta decisiva e la credibilità internazionale di questo Paese passa anche attraverso queste riforme”. La Boschi ha poi teso una mano alle opposizioni augurandosi che “che i prossimi giorni servano a creare un’intesa ampia attorno a una riforma che vuole rendere l’Italia più semplice”. Duro l’esponente del Carroccio, Roberto Calderoli, che ha definito l’intervento della ministra “una lettura di una paginetta di Wikipedia sulla storia della Costituzione o la discussione di una tesina di laurea”. Questa mattina inoltre si è visto all’opera l’asse maggioranza-verdiniani, con questi ultimi che hanno votato compatti contro la richiesta di non affrontare in aula l’esame degli articoli al ddl Boschi. Da ieri lo spin off di Forza Italia, quello però a favore del governo di Matteo Renzi, conta 13 senatori.
Intanto il capogruppo di M5S, Gianluca Castaldi, consegnerà in queste ore un esposto alla procura della Repubblica di Roma per denunciare la compravendita dei senatori “anche su base economica”, come lasciato intendere ieri dal senatore Maurizio Gasparri, a fronte dei tre senatori azzurri che hanno lasciato il partito per aderire ad Ala.
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